(Cuneiform/Ird 2007)
Questo doppio cd rappresenta una veduta a volo d’uccello della pluridecennale collaborazione tra il compianto Steve Lacy e Roswell Rudd, due dei maggiori protagonisti del jazz moderno più “avanzato”.
Lacy, cui com’è noto si deve la resurrezione nel 1957 del sax soprano, strumento allora caduto in disuso e fermo alle ultime incisioni del grande Sidney Bechet, ha avuto una carriera a dir poco gloriosa, costellata da una serie impressionante di capolavori (‘Reflections’, ‘Evidence’, ‘The Forest And The Zoo’, solo per citarne alcuni) diventati vere e proprie pietre miliari del jazz moderno; non gli è stato da meno Rudd, uno dei massimi innovatori del linguaggio trombonistico assieme all’europeo Albert Mangelsdorff. Accanto allo stesso Lacy, ad Archie Shepp e a tanti altri improvvisatori statunitensi ed europei, ci ha regalato incisioni storiche tra cui spicca, a suo nome, lo splendido ‘Everywhere’ (Impulse!, 1966) che si avvale della collaborazione del grande e misconosciuto Giuseppi Logan al flauto.
Questa bella uscita della Cuneiform ci presenta, messi a confronto ma solo per sottolinearne la continuità, stralci di quattro sessioni che coprono un arco di ben 40 anni: la prima è del 9 ottobre 1962 a New York con Bob Cunningham al basso e Dennis Charles alla batteria, le restanti tre datano al 19 giugno 1999 (alla Bimhuis di Amsterdam, lo storico quartier generale del jazz d’avanguardia olandese), al 4 aprile 1999 (Matt Bevel Institute di Tucson, Arizona) e al 9 agosto 2002 (Iridium, New York), e vedono i due leader affiancati da due componenti dell’ultimo quartetto storico di Lacy: Jean-Jacques Avenel al contrabbasso e John Betsch alla batteria (manca il terzo componente, il sassofonista Steve Potts).
La musica è creativa, tesa e coesa, il tempo non ha offuscato il genio dei due grandi improvvisatori, e il valore degli altri membri dei gruppi contribuiscono ad enfatizzarne la forza; due dei temi eseguiti nell’esecuzione alla Bimhuis come “prova generale”, The Bath e The Rent furono poi inserite nell’album di studio ‘Monk’s Dream’
La sessione del 1962 è di notevole impatto ed importanza, trattandosi di un demo della prima collaborazione tra i componenti di quel quartetto; il repertorio include temi di Monk (tanto cari a Lacy) e Cecil Taylor.
Che altro aggiungere? Nulla, assolutamente nulla, se non che opere come queste non fanno altro che acuire il dispiacere per la scomparsa dei grandi protagonisti: Lacy se n’è andato nel 2004, due anni dopo la sessione all’Iridium, lasciando un vuoto incolmabile per creatività e coerenza strumentale. Ma gli altri ci sono, eccome: Roswell Rudd resta oggi come uno dei portabandiera della grande avanguardia degli anni Sessanta; Betsch, solido percussionista, ha una indefessa attività concertistica (lo abbiamo ascoltato anche al fianco del ritrovato Henry Grimes); il francese Avenel si è ormai attestato come uno dei più creativi contrabbassisti del mondo. Un disco per completisti, forse, ma non solo…
Voto: 6
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Autore: belgravius@inwind.it