Carla Kihlstedt/Satoko Fuji ‘Minamo’

(Henceforth records 2007)

La scena improvvisativa internazionale continua, grazie a Dio, a offrire musica di eccellente qualità, sia da parte delle etichette più blasonate sia da parte di quelle meno conosciute.
La violinista californiana Carla Kihlstedt e la pianista giapponese Satoko Fuji, strumentiste diplomate al conservatorio, hanno entrambe curricula decisamente prestigiosi: la prima ha collaborato tra i tanti con Fred Frith, il ROVA Saxophone Quartet (il cui componente Larry Ochs firma le note interne di questo disco) e Tom Waits (‘Alice’, 2002), mentre la seconda, che tra i numerosi altri ha suonato e inciso più volte in trio con Mark Dresser e Jim Black, ha all’attivo una discografia di quasi quaranta album.
Questo disco, che si compone di quattro tracce, le vede dal vivo a San Francisco nell’ottobre del 2002 (le prime tre) e al Wels Music Unlimited Festival (Austria) nel novembre 2005 (la quarta e ultima). Si tratta di un interessante lavoro a metà strada tra musica scritta e libera improvvisazione. Remembering Backwards, dopo un attacco che non sfigurerebbe in una partitura di Webern, assume un aspetto percussivo e spezzettato, quasi una fase di iniziale traccheggio prima dell’apertura delle ostilità; One Hundred and Sixty Billion Spray, oltre 16 minuti, si apre silenziosamente, come la timorosa esplorazione di un buio corridoio, dove al puntillismo del pianoforte si sovrappongono le lunghe e melanconiche arcate del violino: il pezzo si articola poi in mosse improvvise e inaspettate, ognuna delle quali possiede un fascino a sé, unite in un flusso virtualmente inarrestabile, implacabile, bellissimo. La brevissima Lychnis, che si annuncia inizialmente come una sorta di schizofrenica giga, diviene poi un gioco all’inseguimento in cui le musiciste si sovrappongono, si precedono, si rincorrono, si superano nello spazio di due minuti appena: è la fantasia nel suo subitaneo divenire. Il lungo brano conclusivo, la lunghissima Remainder of one, Reminder of two (quasi 27 minuti) è il secondo piatto forte del banchetto: un incipit fatto di silenti sibili, di impercettibili ma ineluttabili azioni, un dialogo pacato ma deciso, un colloquio minimale, fatto di parole che sembrano rarefatte, ma si rivelano grevi come macigni quando il piano si fa percussivo e aggressivo e il violino trenodico e stridente.
Questa musica ha il potere di ipnotizzare, commuovere, eccitare. Ho negli occhi un’immagine improvvisa. Metà di questo splendido disco è stata registrata a Vienna. Sul coronamento della facciata del Palazzo della Secessione Viennese di Joseph Maria Olbrich (1897, il simbolo dell’architettura Liberty austriaca) sta scritto in lettere d’oro Der Zeit ihre Kunst, der Kunst ihre Freiheit (Ad ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà); ecco, i suoni liberi, come questi, sono la musica più adatta per i nostri tempi così arduamente decifrabili. Sta a noi saper ascoltare.

Voto: 7

Link correlati:Henceforth Records

Autore: belgravius@inwind.it