(Amirani Records 2008)
“Intentions – An Improvised Cycle” è un consistente raccolto d’improvvisata secca e pungente, a tutto campo informale. Una cifra madornale di ascolti (una decina solo negli ultimi 2 giorni) batte sul tempo questi pensieri, ancora piuttosto faticosi da trasporre su carta, con parole degne di una comune logica. La mente è confusa, bolle, si agita: merito delle trame (extra)free che l’incontro in studio di registrazione tra la Lamneck e Sanna genera; due performer che, nonostante flirtassero da qualche anno, arrivano per la prima volta ad un’incisione discografica ‘condivisa’. Chitarra e oggetti per un rodato intenditore del free puro&duro come Eugenio Sanna; tàrogato e clarinetto, a turno, nelle ‘scomposte’ mani di Esther Lamneck (fantasista d’eccezione) che, come molti noteranno, ritorna sul ‘set’ della Amirani pochissimo tempo dopo l’apparizione di “GenoaSoundCards”: ingegnosa sperimentazione acustico-ambientale, co-firmata allora con i fiati di Claudio Lugo. Certamente, il concept-album si muoverà su coordinate diametralmente inverse a quelle del contesto sopra-citato, focalizzando come marchio del cd l’architettura di convinte, sintetiche e virulente conversazioni free-form. Come giustamente hanno fatto osservare in altra sede: per trovare una parziale strada verso la ‘verità, potremmo fantasticare un meltin’pot ai giorni nostri tra le scuole di Derek Bailey (e per Sanna, non possiamo che approvare l’enorme vicinanza con il maestro inglese) e del sassofonista Lol Coxhill. Sterzeremmo nella giusta direzione, ma sarebbe lo stesso se pensassimo emotivamente al più generale movimento della nuova improvvisazione britannica; con ovvio riferimento alle impetuose istanze free-jazz degli anni ’70 e del divenire. Nella fattispecie della Lamneck si possono avanzare conclusioni che la collocano dalle parti di un Evan Parker (non troppo matematico) e di un John Butcher, distante dalle manie circolari e meno gentleman. 30 improvvisazioni (numero perfetto) dal taglio conciso, suddivise in cinque gruppi irregolari, contenenti a loro volta le distinte registrazioni dell’accoppiata tàrogato/chitarra e dell’altra clarinetto/chitarra. Chiudo, lanciando una leggera predilezione per i colloqui avvenuti tra l’antica ancia magiara e le corde focose del toscanaccio.
Musica di certo per intenditori, per palati fini, ma allo stesso tempo forti. Si facciano avanti i fan di etichette seminali, come Emanem, Incus e Leo records: troveranno pane (di qualità) per i loro denti.
Voto: 8
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