Marc Masters ‘No Wave’

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

Un dito che preme il tasto sulla macchina fotografica, uno scatto e in un atttimo la quotidianità diventa storia. Quattro silouettes sfocate, una copertina progettata da Brian Eno che reca in testa la dicitura No New York e la storia, macchiata, sgranata ma la storia. Quella della No Wave, descritta dallo splendido libro in inglese di Marc Master uscito per l’editore londinese black dog publishing; quella di un movimento durato un battito d’ali di una farfalla o lo scatto della macchina fotografica di cui sopra, ma che ha prodotto un’onda d’urto di cui ancora fortunatamente si sentono gli echi. L’autore racconta attraverso le interviste a praticamente tutti i protagonisti le vicende e le avventure di un non movimento nato a New York da residenti nel Lower Est Side, una delle zone più degradate della grande mela, che attraverso la sua negazione ha prodotto tra le altre cose un album passato alla storia, le quattro formazioni – di un manipolo numeroso di sperimentatori e spontanei disaggregatori sonori – più famose: i Dna di Arto Lindsay, i Teenage Jesus And The Jerks di Lydia Lunch, i Mars, i Contorsion di James Chance, che hanno lasciato un segno nel tracciato del Rock’n’Roll con lo scalpello dei loro strumenti perché non sapevano né volevano essere meno delicati. Dalle origini dell’incontro dei partecipanti al movimento, avvenuto nel 1978 con il concerto Bands allo Space Center, piccola galleria vicino Tribeca, all’incisione dell’album capolavoro ‘No New York’, agli aneddoti finalmente svelati delle grandi esclusioni alla gita di Theoretical Girls e Gynecologists, con le interviste rispettivamente a Glenn Branca e Rhys Chatham – due attualissimi navigatori delle frequenze più astruse alla fine(?) del movimento dopo una manciata di anni (più o meno cinque) che sono serviti affinchè le formazioni della raccolta raccogliessero armi e bagagli per altri e variegati progetti, e già nel 1984 far iniziare a parlare di post-new wave con gruppi quali Sonic Youth e Swans. La storia di un movimento i cui componenti non erano parte di alcun movimento, la storia di un movimento influenzato visceralmente da Suicide e Richard Hell And The Voivoids che era punk, totalmente punk nell’approccio, nel modo di fruire il palco, nel suono assolutamente non pop ma chiamato dal Pete Silverton del New York Time “disciplinato sadomasochismo musicale”. La storia di un gruppo di amici che oltre a suonare produssero una fanzine intitolata chiaramente No dove monitorizzarono attimo per attimo tutto quello che avvenne durante il battito l’ali della farfalla, girarono film a 16 millimetri – alcuni nomi: Amos Poe e Scott e Beth B – con finanziamenti oscenamente ridicoli ma di grande impatto visivo che influenzarono registi come Steve Buscemi e Jim Jarmush. Una storia finalmente raccontata e da ascoltare, ergo compulsate la discografia finale. Altre cose da fare: procuratevi il libro, rispolverate il vocabolario di inglese e iniziate a credere a qualche editore italiano illuminato che appronti al più presto una traduzione.