Transvalue ‘Book III’


(Thankyou Records 2007)

Attivi sin dagli anni ottanta, i Transvalue del
trombonista/compositore Michael Vlatkovich, sono una bizzarra
mistura (molto americana…), fra improvvisazione e composizioni più
aperte di carattere friendly.
L’aver poi,
all’interno del gruppo uno spoken word artist (Chuck Britt),
rende il tutto ancor più singolare.
I Transvalue
costruiscono a supporto delle liriche un intrico spontaneo, di
segnali black ed umori impro, saldamente trattenuti.
Epidermica e
sudata, oppure, malinconicamente raccolta, l’emissione dei
Transvalue, è, sulla lunga distanza, stordente.
Botta
indotta, senza dubbio alcuno, dal profluvio vocale emesso da Chuck
Britt (non proprio una gran voce…), che riesce a livellare ed
omologare sullo stesso piano, ogni composizione.
Questo il
limite.
Se poi non si possiede un’ottima conoscenza dell’inglese
son dolori veri e propri.
Ed è un peccato, perché si
attraversano una miriade di suggestioni che vanno dal sublime
all’infame (anche eruzioni proto Cuneiform da brividi).
La
visione Sun Ra, un’unghia di Inghilterra settanta (prog e
jazz), qualche tonnellata di colonne sonore, le big band
funk.
Abilissimi, lucidi ed istrionici.
Alla lunga forse
troppo.
Annoia parecchio (se non si è dell’animo
giusto).
Pensiero crudele forse annoia e basta.
A prescinder
dall’animo.

Voto: 5

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