(Improvvisatore Involontario/Promorama 2008)
Dalle parti dell’improvvisatore,
di involontario, c’è
nulla (o quasi…).
Feet Of
Mud,
conferma e rilancia.
L’ipotesi/pensiero/territorio/scena,
avant/impro/jazz fermenta e cresce.
La trasversalità
espressiva, di Improvvisatore
Involontario,
Setola Di maiale,
di Ebria,
El Gallo Rojo,
non è altro che il frutto di un duro lavoro capillare
intrapreso da anni sul territorio.
Una fatica immane, fatta di
collaborazioni, live, riflessione e passione, sollecitar di cervici e
sudore costante.
Storie di fiera consapevolezza, incessante
movimento e scintille di genio.
Creativa e cangiante, che si
autoproduce e autogestisce, questa l’Italia che ci piace.
Assimilato
a fondo tal concetto, “Feet Of Mud”, si svela per quel
che è: un bellissimo lavoro.
Arabesco intricato,
fottutamente cool.
Irregolare/inusuale per formazione esposta,
“Feet Of Mud”, è ondeggiar costante, fra intimismi
assortiti ed un’irresistibile propensione alla danza.
Tastiere,
double bass e batteria, elettronica povera ad ispessir ancor di più
il suono.
Le tastiere di Federico
Squassabia dettano
legge, liquide e carezzevoli, all’occasione freneticamente funk,
sempre e comunque, perse dietro una fitta coltre lisergica.
Gioco
di rimpalli storici, i settanta che si specchiano nel duemila e
oltre.
Il double bass di Stefano
Senni,
è un randello ricoperto di stoffa per non far rumore quando
ti prende.
Un martello, un anfibio, i settanta che annegano in una
palude Laswelliana.
Cusa
pista
e strappa, batte, batte e batte, poi si arresta, osserva un’istante
quel che accade intorno, e riprende subito a battere.
Ci annusi
Davis,
il raffinato scuotimento funk di Hancock/Zawinul,
pulsioni sotterranee dub (Sly
e Robbie
annuirebbero…), il riflesso del prog e la fusion più
scorbutica.
Un suono raffinatissimo che carica a testa bassa,
un’urgenza e una capacità, comunicare
questa è la faccenda.
E gli riesce benissimo!
Tant’è,
che bisognerebbe spellarsi le mani per gli applausi che
meritano.
Cala la sera, il freddo si apre un’entrata nella stanza,
David’s Eye
mena nell’aria; non me ne frega più un cazzo del freddo.
Alzo
il volume.
Voto: 8
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