(Emi 2008)
“Von” (1997), “Ágætis Byrjun” (1999), “( )” (2002), “Takk” (2005), “Hvarf/Heim” (2007): i titoli saranno pure impronunciabili, ma questi album dei Sigur Ròs si collocano a pieno titolo tra le cose migliori uscite negli ultimi anni. La band islandese composta dal cantante/chitarrista Jon Thor Birgisson, dal bassista Georg Holm, dal batterista Orri Páll DýRason (che a partire da Ágætis Byrjun ha sostituito il drummer originario, August) e dal polistrumentista Kjartan Sveinsson (chitarra, pianoforte, tastiere, flauto) ha infatti coniato un ibrido tra psichedelica (quella floydiana in special modo), atmosfere dilatate e sospese dal sapore magico, ancestrale e misticheggiante, folk, rock e pop assolutamente unico – anche grazie all’uso dell’hopelandic, lingua totalmente inventata che talvolta si sostituisce all’islandese nella scrittura dei testi.
Non è da meno rispetto ai suoi predecessori l’ultimo lavoro della “rosa della vittoria” (questo il significato del nome della band), “Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust”, seppure – è inevitabile dopo tanti anni di carriera – delle differenze rispetto ai precedenti LP ci siano. In apertura, ad esempio, Gobbledigook e soprattutto Inní Mér Syngur Vitleysingur e Við Spilum Endalaust sono tra i motivi più ariosi e pop tra quelli composti dalla band, caratterizzati anche da una cerca importanza data alla sezione ritmica. La parte centrale del lavoro, invece, è contraddistinta da pezzi dalle atmosfere dilatate segnati da coinvolgenti crescendo strumentali, come ad esempio le lunghe (rispettivamente oltre nove ed otto minuti) Festival e Ára Bátur. A chiusura dell’LP, una serie di pezzi dal sapore decisamente più raccolto, arrangiati per voce, chitarra acustica e pianoforte, tra i quali svettano Illgresi, Fljótavík e All Right – prima canzone scritta e cantata in inglese dalla band.
Ancora un altro capolavoro per la formazione islandese, dunque, che si conferma una delle realtà più interessanti del panorama musicale contemporaneo.
Voto: 9
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