Vincenzo Ramaglia ‘Chimera’


(Autoprodotto 2008)

“Formaldeide” era opera prima più che
positiva.
Albo intrigante non poco, gustoso e coraggioso, nel suo
sdoganamento/svecchiamento dalla/della questione
contemporanea/colta.
Un’agile debutto, che probabilmente non avrà
fatto drizzare le orecchie a chi si occupa di suoni integralisti di
settore (talvolta due palle tante in onestà…), ma avrà
intrigato (si spera…) più di un’ascoltatore, proveniente da
territori altri.
Allo sfoggio tedioso di mostrine e
riconoscimenti appuntati sul bavero della giacca, o appesi bellamente
incorniciati nello studio, Vincenzo Ramaglia sceglie l’opzione
della ricerca continua e curiosa.
“Chimera” è
una partitura per contrabbasso e loop station ai cui lati si
interviene con taglio libero.
Escono di scena gli esecutori (più
legati all’accademia…) di “Formaldeide”, e ci si affida
a musicisti sensibili ed istintivi come Renato Ciunfrini (ai
soffi), Stefano Giust (batteria) e Massimo Ceccarelli al
contrabbasso.
Si ottiene cosi un movimento progressivo
stratificato, che genera un’unica amalgama sonora, elegante ed
atmosferica, dove non s’intravedono zone d’ombra monotone.
Uno
svolazzo suggestivo di pulsioni, dove il blues trascolora
nell’avanguardia, ed il jazz si riflette in digressioni
cameristiche.
Ciunfrini e Giust strattonano il corpo suono,
pazientemente creato da Ceccarelli con i pedali del loop, tirandogli
gentilmente i lembi della giacca.
Senza invasioni, senza traumi,
non saranno musicisti pluridecorati a livello istituzionale ma
nell’universo impro (e non solo. Andate a sentirvi la loro produzione
singola, vi strabilierà per varietà di linguaggi e
forme…) siamo nel campo dell’eccellenza.
Un suono noir fortemente
cinematico, avvolgente e vellutato, che si piazza dalle parti di una
strana, penetrante, lisergia ambientale, invero
stupefacente.
Ciunfrini con i suoi sax (sopranino, soprano e
contralto), taglia sottili lamine di free, Giust risponde anch’esso
free, e rilancia, producendosi in suggestioni afro/americane, rapide,
incisive ed obliquamente cubiste, Ceccarelli pazientemente, elabora
la base dalla quale poi si slega, confrontandosi libero con gli altri
strumenti.
Partitura, modularità ed interventi free sempre
abilmente trattenuti.
Il risultato è un’inebriante
mistura, dove son rintracciabili influenze Mingus, Sun Ra,
Scodanibbio e Badalamenti, traslati in un aliena
visione oppiaceo/cameristica.
Gira alla perfezione “Chimera”,
ed espone una forma/composizione futuribile, che merita di esser
indagata a fondo.
Fra i lavori dell’anno.
Complimenti
Vincenzo!
Complimenti Massimo, Renato e Stefano!

Voto: 8

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