(Urtovox 2008)
Ecco come Cesare Basile, cantautore siciliano con una lunga carriera alle spalle, spiega questo nuovo capitolo della sua saga discografica: «Mi piacerebbe poter dire che questo è un album sull’assenza e vorrei non dovere spiegare questa affermazione. E’ solo un suggerimento, un filo possibile che si srotola, attraverso dodici canzoni, uno scenario della mancanza sul quale scorrono le immagini di queste storie. A una donna duemila anni fa viene fatta una promessa e da quel giorno si ritrova abbandonata alla sua fede e da quel giorno la sua fede sarà recidiva. Credere è sempre l’atto più grande della promessa d’amore».
Al di la di queste (preziose) dichiarazioni, “Storia Di Caino”, settimo album solista di Basile dopo una serie di esperienze giovanili in gruppi più o meno conosciuti come Kim Squad e Quartered Shadows e collaborazioni più mature con Nada, Manuel Agnelli, Hugo Race ed altri, è un lavoro delicato e prezioso, in cui il cantautore siciliano instilla preziose gocce di pacata malinconia, sfornando partiture che mescolano blues, folk, pop e rock.
Gli Agnelli è una cupa ballata con un’armonica polverosa, A Tutte Ho Chiesto Meraviglia ha un incedere blues, All’Uncino Un Sogno è una ballad splendidamente malinconica in cui è evidente l’influenza di Fossati; Canto Dell’Osso, invece, è memore di un altro grande della canzone d’autore italiana, De Andrè (nonostante le chitarre elettriche spigolose, laceranti, aggressive). Per Nome è scarna e sofferta e precede uno degli highlights del disco, la pianistica Sul Mondo E Sulle Luci. Donna Al Pozzo ricorda ancora certe cose di Fossati e ci introduce alla dura title track. What Else Have I To Spur Me In To Love (cantata dal Willard Grant Conspiracy Robert Fisher) è una magnifica e sconsolata ballad per chitarra acustica e violino che profuma di terre d’oltreoceano.
19 Marzo, invece, con il suo incedere claudicante, ritorna su territori blues. Il Fiato Corto di Milano (ancora evidente l’ispirazione di De Andrè) precede la superba preghiera per chitarra acustica di Maria Degli Ammalati, che chiude un disco di una bellezza davvero preziosa.
Voto: 7
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