(Ants 2008)
Enomisossab ha già transitato da queste parti, precisamente con l’album ‘Enomisossab’. Ora ritorna con un nuovo lavoro e con nuove storie da raccontare; ci parla, urla, distorce la percezione della voce che usualmente abbiamo e ci trasporta in un mondo di narrazioni ondulanti, dove il piano cartesiano dell’ugola si altera e si modifica continuamente. Lo fa come al solito con pochi utensili, tra cui fondamentale la sua preparazione vocale che, lo ribadiamo, lo porta sulla scia di Stratos e di altri sperimentatori vocali, vedi ad esempio Romina Daniele e Diamanda Galas, verso nuovi approdi di ricerca. Enomisossab con L’Elefantessa e la leonessa matta ci riepiloga di che pasta è fatta la sua ugola con lazzi e frizzi scherzosi accompagnati da cori, vocalizzi e trascinamenti blues. In un altro frangente grazie all’accompagnamento discreto di fidi collaboratori come gli Architorti, che donano spessore al mantra alieno di El Mantra, l’artista ci culla con una nenia quietamente schizoide, coadiuvata dagli evocativi archi della formazione. Una pausa di riflessione sul senso del gioco Enomisossab se la prende con Co coron fan fin fun dove ritorna ad impastare una trama di narrazione distopica con la sua voce; riapre poi il sipario emotivo con Crushed by the wheels of industry, sorta di cantata paludosa e polverosa che rimanda ad un blues di stratosferica memoria. Delicata ci appare invece l’Ombra di mezzogiorno, ballata evocativa coadiuvata dall’elettronica di Carlo Gullotta, 4 e 33 versione diplofonia gospel e elettronica con Luca Miti e alla fine dell’album, la ripresa della stessa versione rimanda ad un doppio alieno che tra impulsi deviati chiude il discorso e la riflessione.
Voto: 8
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