(Seahorse Recordings/Fridge/Goodfellas 2009)
E’ tempo di album d’esordio per i fiorentini Unmade Bed, quartetto attivo dal 2004 con alle spalle un ep autoprodotto che li ha fatti entrare nelle grazie di Paolo Messere (produttore artistico della Seahorse e mente dei Blessed Child Opera). Una musica che si presenta come un originale intruglio di psichedelia barrettiana, post-rock vagamente a-là Mogwai e ricerca di un pop in bassa fedeltà non lontano da alcuni episodi dei Pavement. Ne risulta un opera acida e notturna, che guarda alla melodia come mezzo di espressione di quell’inesprimibile onirico e sinistramente favolistico che si annida negli angoli oscuri del nostro subconscio. Musica che aleggia come un ectoplasma sopra il letto di pensieri, sensazioni, sentimenti che compongono il nostro io, sfuggente ma allo stesso tempo così vitale e pulsante da passare a una dimensione materiale, fisica. Etereo e cristallino come gli Animal Collective (specie per quanto riguarda il canto), ma anche stridente e surreale come i nostrani Jennifer Gentle.
Come Little Rider apre il lavoro con un sussurro malefico ossessivo, come se il peggiore dei mostri dei nostri sogni ci stesse canticchiando nell’orecchio nel bel mezzo della notte; ma un letto di soffi elettronici e rintocchi di piatti rende il tutto più ovattato e rassicurante. Con The Gently Hysteric Cat e Mad Moony si passa ad un rock psichedelico più ordinario e al contempo giocoso e delirante. Tale Of The Marmalade Man (And The Lame Boy) è una storiella sghemba e paurosa con frequenti cambi di ritmo e finale in un crescendo tipicamente post-rock. Sad Son scivola via senza grandi sussulti morendo in un tappeto di distorsioni quasi shoegaze. The Glueing Tenter e Moon Tongue Wood vanno alla deriva verso la psichedelica più tradizionale, con tanto di coda elettrico-orchestrale nella seconda. Rainbow Girl è un alito appena percettibile, che si poggia inizialmente su una drum machine distorta e sgraziata e poi si popola di presenze che vanno e vengono, come folletti che saltellano qua e là tra radure infinite e abbandonate. A Butter Clock riprende una parvenza di sobrietà che sparisce del tutto nella sinistra rapsodia di Tremelin, che man mano si dissolve in una densa nenia grumosa.
A metà tra incubo e sogno, la musica degli Unmade Bed è la materializzazione degli spiritelli che popolano l’oscurità della nostra mente ottenebrata di angosce e paure, ma allo stesso tempo di voglie e desideri. Instabile e intenso nel suo apparente disordine, di sicuro un esordio che fa presagire un po’ più di quella luce che va e viene nell’oscurità dell’album.
Voto: 8
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