(Universo/Banana Records 2.0 2008)
Ricordo di aver ascoltato per la prima volta Francesca Romana Perrotta (questo il nome completo della cantante salentina) nella finale di Musicultura 2007, vincendo il premio per la migliore interpretazione con la canzone L’Istante Che Vale. Non mi colpì molto all’epoca il suo pop-rock dal gusto mediterraneo, mentre oggi non dispiace questo suo album di debutto. E’ sempre il pop-rock da classifica il territorio entro cui si muove la leccese, non disprezzando puntatine che sanno vagamente di psichedelia (l’iniziale L’Incantesimo su tutte) o spruzzate calde e speziate che sanno tanto di mediterraneo (come Salomè e ‘Mara a Mie) e qualche ballata di delicata armonia (Il Gioco Perfetto, forse il momento migliore dell’album insieme alla traccia iniziale, e l’eterea Canzone Verde).
La scrittura non è così ricercata, ma funziona estremamente bene e nasconde in realtà un album concettuale sulla figura della donna a 360° a livello spaziotemporale: un ritratto appassionato, sanguigno, ardente, che si snoda tra diverse figure archetipiche di donna: la strega ammaliante di L’Incantesimo; la moglie il cui amore svanisce all’altare, il momento in cui fede e passione si uniscono di Il Gusto Amaro; l’amante distrutta dalla fine dell’amore di Silenzi e Polveri; la Francesca da Rimini di dantesca memoria in Paolo; l’ammaliante Salomè nell’omonima canzone. Una donna quindi “tarantolata”, in bilico perenne tra sacro e profano, tra dolcezza e aggressività.
Un disco da classifica, che manca solo del singolo da heavy rotation, ammiccante e concettualmente non banale. Il songwriting andrebbe affinato e gli arrangiamenti variegati ma la qualità c’è.
Voto: 6
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