Di Marco Loprete
Jurij Druznikov è stato indubbiamente una delle più significative voci della letteratura russa contemporanea. L’autore, scomparso l’anno scorso, ha rappresentato una delle più acute ed irriverenti voci dissidenti del regime sovietico. Davvero un peccato che l’Italia lo abbia scoperto solo in questi ultimi due anni, grazie alla meritoria attività della Barbera editore, che nel 2006 ha pubblicato il capolavoro “Angeli sulla punta di uno spillo” e, un anno più tardi, la raccolta di racconti “Là non è qua”.
“Il primo giorno del resto della mia vita” è l’ultima opera dello scrittore russo, candidato nel 2001 al Nobel per la letteratura, ed è anche uno dei suoi migliori romanzi. Si tratta di una sorta di spy-story ambientata nell’Unione Sovietica del ’45 e negli USA dei nostri giorni. Protagonista, la “stella di generalissimo”, una decorazione che Stalin fece disegnare con l’intento di autoproclamarsi, per l’appunto, “generalissimo”, rincorsa in lungo e in largo da una folta schiera di personaggi (agenti della CIA, governo russo, miliardari, ex-spie e quant’altro) che Druznikov tratteggia con la consueta abilità ed ironia, al punto tale che il romanzo può collocarsi lungo la linea di capolavori come “I demoni” di Dostoevskij, “Guerra e pace” di Tolstoj e “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov, al quale l’autore è particolarmente vicino nella capacità di smascherare, con l’arma dell’ironia, le bugie e gli aspetti più tragicamente ridicoli del regime sovietico.
Un romanzo assolutamente straordinario.
Link: Editore Barbera, 2008