(Eh? 2008)
Curiosa band psych/drone questi Man’s Last Great Invention
dal Nebraska.
Drones, feedback e natura lo-fi sono i cardini
intorno a cui ruota questo “None”.
Verrebbe da
liquidarli come epigono fuori tempo massimo Kranky oriented,
ma il taglio simil punk con il quale vien affrontata la faccenda
parla d’altro.
Free form e free folk, in verità, solamente
che al posto dell’acustica si preferisce perdersi dentro una marea
di feedback ed echi, che rendono questa proposta molto dronematica
(sul serio, in un universo parallelo, potrebbero funzionare
benissimo come colonna sonora cinematografica).
La loro è
un’ustione, che si snoda in un unico lungo movimento, diviso in sei
fasi, dove voci fantasma si agitano quasi senza sosta, e gli
strumenti annegano in una marea montante di effetti
narcotizzanti.
Ma, rispetto a Jackie-O Motherfucker e
simili, in Man’s Last Great c’è meno rispetto per le
radici.
Lo sballo giunge attraverso territori che sono (per
suggestione) prossimi al Biosphere di “Substrata”.
Via
libera dunque ad uno sragionamento, puntellato ed azzannato, di
volta in volta, da masse riverberanti minacciose, che non si può
mai dire se si apriranno per accogliere od offendere.
Freak veri
i Man’s e l’ultimo brano, per sole voci e batteria in libera
uscita, ce lo conferma.
Il respiro libero delle montagne, più
o meno, potrebbe suonare cosi.
Selvaggiamente meditativi.
Voto: 7
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