(Trakwerx 2008)
Il problema della musica dei Cult With No Name è che non diverte. Gli inglesi Erik Stein e Jon Boux, qui alla loro secondo prova dopo l’esordio del 2007 con “Paper Wraps Rock” sempre per la Trakwerx, vorrebbero forse essere un incrocio tra i Blue Nile (basti ascoltare Context Is Everything: un pop sintetico il cui arrangiamento per chitarra, battito elettronico, basso “rotondo” ed orchestra soffusa, che scimmiotta quello di cose come Sentimental Man), Brian Eno e la musica leggera di Broadway, ma non posseggono nè l’intensità esistenzialista dei primi, né l’intelligenza compositiva del secondo, né l’irresistibile attrattiva easy della terza.
Il risultato è un disco fatto di ballate piano e voce che si alternano a pezzi in cui compare anche qualche sprazzo di elettronica (soprattutto sotto forma di beat) che non scalda il cuore e non conquista il cervello.
Qualche buona idea c’è, ma sono davvero poche. La sufficienza è più che altro per il tentativo.
Voto: 6
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