(Volcom/Evil Bitch 666 2008)
“Bazaar Bazaar” rappresenta l’esordio discografico per questi Birds Of Avalon, quintetto nordamericano dedito a un garage-rock sanguigno che flirta con rimembranze seventies all’insegna del prog e dell’hard rock. Siamo dalle parti di Jack White (che i nostri hanno seguito in tour, spalleggiandolo in vari concerti dei suoi Raconteurs) senza la visionarietà pop ma con una più radicata vena psichedelica. Musica che emana un odore polveroso intriso di acido, fuori dal tempo.
La coppia Bicentennial Baby – Horse Called Dust apre il disco in territori garage – hardcore con un tocco però ai limiti dello stoner specie nelle chitarre. Instant Coma frena i bollori dei cinque spostandoci in territori più lisergici e progressive. Set You Free torna al garage dandogli forme psichedeliche che assumono il senso di un viaggio liberatorio. Wanderlust si crogiola nei viaggi eterei dei Pink Floyd con un vago sentore di steppa centramericana. Taking Trains riprende il filo dell’hard rock senza però il piglio delle prime due tracce ma cavalcando una sottile oscurità. Superpower si apre su ritmi caraibici ma si deforma presto sulle ali di una chitarra fin troppo debitrice dell’hard rock dei primi anni ’80. Where’s My Blood ammorbidisce il ritmo poggiandosi su singulti d’organo che portano agli anni ’60. Turn Gold ha il passo greve e oppresso ma tutto porta alla veracità del rock duro e puro. Think vagheggia di mondo orientali tra arpeggi sinuosi e sognanti degni dei Beatles post – India rivisitati alla luce del prog. Lost Pages From The Robot Repair Manual va a tutta velocità quasi a voler chiudere con il duo d’apertura, quasi a segnare i confini entro cui gioca questo lavoro.
Un disco che sembra un compendio di quanto successo al rock tra gli anni ’60 e ’80, senza però tener conto che da allora molto altro è accaduto. Un lavoro di buona fattura ma forse fuori tempo massimo, ammaliante ma decadente. Per nostalgici sessantottini in acido.
Voto: 4
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