(Long Song/Wallace Records 2009)
Torna l’ex Afterhours ed A Short Apnea Xabier Iriondo, in questo progetto accompagnato dall’ex batterista degli Starfuckers Roberto Bertacchini, dando il là alla seconda tappa del viaggio musicale dei The Shipwreck Bag Show. Un quantomeno singolare progetto di blues frantumato in scorie di improvvisazione, frammenti noise e scaglie jazzy dal cuore intrinsecamente rock (d’altronde non poteva essere diversamente viste le origini musicali dei due), in cui la percussione mantiene un ruolo assolutamente preponderante.
Two Castaway Tramps apre il disco con un canto lacerato immerso tra rumori e percussioni e un banjo a portare l’atmosfera in territori country. Scoppia continua nel solco tracciato dalla precedente ma non si fa mancare qualche feedback furente di chitarra elettrica che nel finale deborda verso un noise assordante. Archipelago è un compendio rumoristico surreale graffiato solo in superficie da stridori radiofonici e qualche accordo buttato qua e là. Captain J.S.Edward sembra l’immagine sonora di un uomo intento a rovistare tra gli arnesi buttati alla rinfusa in un grande baule, con tanto di frustrate urla conclusive. Tempo ci accoglie tra lamenti sconnessi e indemoniati e così procede per tre minuti e mezzo. Tuamare invece cambia marcia: diversi strati chitarristici si intrecciano creando un noise cosmico e irreale, addirittura sfrigolante e lacerante nel finale. Tra Le Nostre Mani è una litania per banjo e voce che di colpo si deforma virando verso un muro chitarristico nero e grottesco che quasi satura l’orecchio. Spinning torna alla dimensione della prima parte del disco, contaminandola però di moscerini elettronici e una fredda armonica nel finale. Caminito Sucio è il blues che decade inghiottito da un’oscurità luciferina, fagocitato da schegge impazzite di registrazioni su nastro che compaiono e spariscono come spiriti dell’aldilà. The F. Wheeler Shipwreck è un frullato elettronico iperriverberato in cui la massa musicale è quasi indistinguibile nelle sue singole parti tanto è complessa e compressa. La Verità segue la melodia bucolica di un flauto (o almeno così sembra) accompagnandola col solito marasma percussivo. Kalejira chiude il disco sulle ali di un blues dal sapore country abbastanza tradizionale, soffuso ma lievemente increspato come una notte all’aria aperta nella steppa centramericana.
Il duo Iriondo – Bertacchini dà libero sfogo alle proprie pulsioni in un disco impossibile da imbrigliare entro schemi di qualche tipo. Un lavoro viscerale e primitivo da lasciar sedimentare e affrontare senza preclusioni.
Voto: 8
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