(Reprise 2009)
Certo che i Green Day ne hanno fatta di strada. Sono passati ben diciotto anni dall’ingenuo debutto di “1039/Smoothed Out Slappy Hour” e quindici dal definitivo salto di popolarità compiuto con “Dookie”, pietra miliare del punk-pop californiano che li consacrò anche al pubblico di MTV grazie soprattutto al singolo Basket Case. Billy Joe Armstrong (chitarra e voce), Mike Dirnt (all’anagrafe Mike Pritchard, basso) e Tre Cool (nato Frank Edwin Wright III, batteria) nel frattempo sono cresciuti, hanno messo su famiglia ed hanno abbandonato i panni dei teen-ager dediti ai “green day” (i giorni passati a fumare erba dopo aver marinato la scuola). Quattro anni fa, la punk-rock opera “American Idiot” aveva rappresentato il definitivo salto di qualità: canzoni melodiche e cariche di energia, ma caratterizzate da strutture più complesse del solito e testi carichi di impegno politico (bersaglio, l’America dell’amministrazione Bush), che si erano guadagnate un vasto consenso di pubblico e di critica.
Ora i nostri ci riprovano (dopo aver registrato, sotto lo pseudonimo Foxboro Hot Tubs, un album di rock’ n’ roll di stampo sixties) con questo “21st Century Breakdown” ed il risultato, diciamolo subito, non delude affatto. Prodotto dal grande Butch Vig, il disco inanella diciotto tracce a cavallo tra punk, rock e ballad pop (suddivise, come si conviene ad una vera rock opera, in tre atti: Heroes And Cons, Charlatans And Saints e Horseshoes And Handgranades) che tengono desta sino alla fine l’attenzione dell’ascoltatore. Il concept del disco è una storia d’amore ambientata negli ultimi anni della presidenza Bush, che ha come protagonista una coppia di ribelli, Christian e Gloria.
Tra i momenti migliori, svettano la suite 21st Century Breakdown, la tirata Know Your Enemy (il primo singolo, degno erede di American Idiot), Gloria, che parte come una ballata per piano ed archi e poi si incendia di punk-rock, Before The Lobotomy, che si finge acustica, ma poi, complice un cambio di tempo, sfodera un riff bruciante e si trasforma in una scarica di adrenalina, salvo poi ritornare alla melodia iniziale, stavolta però sommersa dal suono delle sei corde elettriche, e concludere in chiave acustica; e ancora, le inflessioni dark-punk di Christian’s Inferno (il ritornello, però, è puro hardcore melodico californiano), la ballad lennoniana Last Night On Earth, Pacemaker, che parte con un campionamento free-jazz e procede con una melodia impostata su uno strumming di chitarra acustica, con tanto di coretti anni ’60 ed inflessioni arabeggianti di archi. Ma non si finisce qui: Viva la Gloria (Little Girl) contamina abilmente punk-rock e cabaret à la Brecht/Weill, Restless Heart Syndrome invece parte lennoniana per poi crescere di intensità; la grintosa Horseshoes And Handgranades precede 21 Guns, in cui riecheggiano Boulevard Of Broken Dreams e Wake Me Up When September Ends del precedente disco. In American Eulogy (A Mass Histeria) ricompare la melodia a cappella dell’opener Song Of The Century, solo che qui sfocia in un punk-rock dalle forme cangianti (la suite è articolata in due momenti: Mass Hysteria e Modern World). Chiude il disco la tirata See The Light.
In conclusione, “21st Century Breakdown” è un ottimo lavoro, capace di mescolare sapientemente rabbia, grinta, divertimento, intelligenza ed impegno. Tra le sorprese del 2009.
Voto: 8
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