Christopher Roberts ‘Trios for Deep Voices’


(Cold Blue Music 2009)

Questo cd è il frutto dell’immersione, esistenziale e musicale, che Christopher Roberts ha fatto, nel 1981, nelle giungle della Nuova Guinea. Questo atteggiamento non è nuovo; molti compositori americani della Pacific Coast, da Lou Harrison a Terry Riley, hanno assorbito influenze provenienti dal vicino Oriente. Ognuno di questi compositori, ovviamente, traduce a modo suo le influenze subite (ma è meglio dire cercate, o forse trovate: l’incontro con la musica orientale è per loro un approdo naturale e necessario): si pensi alla grande differenza che c’è tra la musica degli stessi Harrison e Riley, che sono anche gli esponenti più autorevoli di questa tendenza. Cosa ha portato dunque questa immersione a Roberts? Quali elementi ha portato alla luce della sua natura? Che tipo di musica ne è venuta fuori? Direi che le caratteristiche salienti delle composizioni di Roberts presentate nel nuovo cd della Cold Blue Music sono la profondità del suono − i cinque brani sono affidati ad un organico costituito da tre contrabbassi, uno dei quali suonato dallo stesso Roberts −, la semplicità della struttura, e il senso di spontaneità che le melodie e i ritmi contenuti nelle composizioni trasmettono. Caratteristiche, queste, che derivano da una cultura in cui la musica risuona in totale sintonia con la natura, e che Roberts, a contatto con questa cultura, ha riscoperto in se stesso e comunicato attraverso la sua musica.

Voto: 8

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