@Teatro ‘La Rondinella’ Montefano (MC), 11 novembre 2009.
Di Marco Loprete
Piano Magic è il nome del progetto musicale di Glen Johnson, musicista inglese innamorato tanto dell’elettronica (Brian Eno ma anche Kraftwerk) quanto della dark wave di Cure e (soprattutto) Joy Division, dello shoegaze di My Bloody Valentine, del dream pop dei Cocteau Twins e del post-rock intimista dei Red House Painters. Dal 1997, anno del suo esordio con lo splendidamente eccentrico “Popular Mechanics”, Johnson ha sfornato altri 8 album (l’ultimo, “Ovations”, è di quest’anno), una colonna sonora (“Son De Mar” del 2001 per la pellicola di Bigas Luna), oltre che numerosi EP (l’ultimo in ordine cronologico è “Dark Horses” del 2008) – per non parlare di un disco da solista (“Details Not Recorded”, publbicato di quest’anno) e di un lavoro a nome Future Conditional, “We Just Don’t Disappear” (2007). Tutto questo giusto per dare un’idea dell’eclettismo e dell’attivismo del nostro, personaggio schivo e riservato come pochi, da annoverare tra i piccoli, grandi poeti depressi della storia della musica rock.
Conoscendo il valore del personaggio e della sua musica, è con immenso piacere che ci siamo recati mercoledì¬ 11 novembre a Montefano (MC) per assistere ad una delle otto tappe italiane dell’ultimo tour dei Piano Magic. Il piccolo ma grazioso Teatro Comunale che ha ospitato l’evento (organizzato dall’associazione culturale La Rondinella) era gremito di gente quando, alle 22,00 circa, hanno fatto il loro ingresso sul palco, alla spicciolata, Franck Alba (chitarra), Jerome Tcherneyan (batteria), Alaisdair Steer (basso), la splendida Angà le David-Guillou à (synth e voce) ed infine Glen Johnson (chitarra e voce). I primi due brani, Recovery Position e The Blue Hour, tratti entrambi dall’ultimo lavoro, oltre che guadagnarsi l’immediato consenso del pubblico per l’intensità e la precisione dell’esecuzione, hanno subito fatto capire di che pasta sarebbe stato il resto del concerto: pochi ma essenziali suoni elettronici e molte chitarre (una piacevole scoperta Marin), impegnate in distorsioni e feedback e supportate da una sezione ritmica con un basso forse poco fantasioso ma sicuramente solido ed efficace ed una batteria in grado di picchiare duro quando necessario. Ottime poi, le interpretazioni vocali della David-Guillou, dotata di un registro limpido, cristallino, che creava un fascinoso contrasto con quello decisamente più baritonale (Ian Curtis-style, per intenderci) di Johnson.
Alla splendida Jacknifed (da “Disaffected”, 2005 ), hanno poi fatto seguito, tra gli altri, brani-perla come No Closure (contenuta in “Artists’ Rifles” del 2000), Love & Music (ancora da “Disaffected”), Grat Escapes, quello che forse è il manifesto dell’arte di Johnson, Incurable e The Last Engineer (tutte e tre presenti in “Part Monsters” del 2007, l’album dal quale i nostri hanno attinto di più per la scaletta) e due straordinari bis: Saint Marie, da “The Troubled Sleep of Piano Magic” (2003) e soprattutto (Music Won’t Save You From Anything But) Silence, contenuta nel sottovalutatissimo “Writers Without Homes” (2002). Da segnalare, poi, anche l’ottima cover di Advent dei Dead Can Dance (dall’album-manifesto “Spleen And Ideal” del 1985), gruppo molto amato da Johnson (non è un caso che Brendan Perry e Peter Ulrich della goth-band anglo-australiana abbiano preso parte alle registrazioni di “Ovations”).
Dopo quasi due ore di concerto, il pubblico del Teatro Comunale di Montefano era completamente rapito e dedicava applausi a scena aperta al piccolo Glen Johnson, il quale poi si concedeva, assieme agli altri musicisti della band, ai suoi fan, firmando autografi e discutendo amabilmente della sua musica.
Una bellissima serata, insomma, nella quale abbiamo avuto conferma (semmai ce ne fosse bisogno) di come quello dei Piano Magic sia a tutti gli effetti uno dei nomi più brillanti della scena indie/alternative mondiale.
Scaletta: Recovery Position, The Blue Hour, Jacknifed, Dark Horses, No Closure, Love & Music, Grat Escapes, Incurable, The Faint Horizon, Advent (Dead Can Dance cover), The Last Engineer, Part Monster
Bis: Saint Marie (Music Won’t Save You From Anything But), Silence