Quattro chiacchiere digitali con Mirko Santoru della Trasponsonic Records
Di Marco Paolucci
17/01/2010 Trasponsonic è un’etichetta musicale italiana che compie i dieci anni di vita e di uscite. Le sue produzioni spaziano dal rock, al folk, all’elettronica, passando per la trance fino ad arrivare alla psichedelia. L’ultimo lavoro della label, gli Hermetic Brotherhood of Luxor (recensito benissimo anche in questi lidi) ha trovato il riscontro entusiastico di Julian Cope. Come di consueto abbiamo voluto saperne di più andando a scambiare le solite quattro chiacchiere digitali con Mirko Santoru, mente organizzativa dell’etichetta.
1) Quali sono le origini dell’etichetta?
(immagine nella foto Andej Porcu) Nasce tutto nel raggio di pochi chilometri intorno a Macomer nel cuore della Sardegna: Arcaismi industriali, sociali e antropologici tra i Megaliti.
Come è nata l’idea?
Venivamo dalla logica Do it Yourself del Punk passata per il grindcore e quando uscirono i primi masterizzatori fù naturale passare dalla doppia piastra al pc. I mezzi di produzione in mano al proletariato nell’epoca della riproducibilità tecnica. Qualcuno si incazzerà ma è cosi.
Quali ispirazioni ci sono state?
Venivamo dalla scena grind di fine anni ’80, passavamo per una folgorante infatuazione new wave e post punk ma fù la celebrazione del 50enario della scoperta dell’Lsd nel 1993 ha dare la svolta. Nel 1996 nascono gli 8 Afrodisiaci fatti in Casa, un collettivo di teatro e musica off che si esibisce in poche ma memorabili performance eretiche ed eccessive. Gli epiteti nei nostri confronti si sprecano: drogati, blasfemi, omosessuali e chi più ne ha più ne metta. Vent’anni e urgenza espressiva.
A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
Tutti gli artisti di Trasponsonic vengono da quell’esperienza e da ciò che ci girava intorno. Tutto era molto spontaneo. Con lo scioglimento del gruppo tra il 1999 e il 2000 nasce la Trasponsonic. I Trasponsoni rappresentano un meccanismo di ricombinazione genetica che unisce tra loro elementi che non presentano legami ancestrali dando vita a mutazioni sonore.
2) Come vengono scelte le produzioni?
3) Come vengono scelti i gruppi?
4) Come sono i rapporti con i musicisti?
(immagine a sinistra Antonov Miroslav) Trasponsonic è un collettivo formato da una decina di persone nate e cresciute a Macomer e dintorni, legate da rapporto di amicizia e frequentazione di lunga data umana e musicale che produce sia lavori individuali che di interazione casuale tra i vari elementi. Tra i progetti solisti annovera: Ersilio Campostorto, Hameloh, Andrej Porcu, Samantha Soames, Ethan Varrs, India Von Halkein. Tra quelli collettivi: Okymisaka Mutacion, Agrot Zorks, Maqom e non ultimo Hermetic Brotherhood of Luxor.
5) Cosa pensi delle coproduzioni?
(immagine a sinistra Hameloh) Può essere un modo per condensare delle idee comuni tra etichette ma può essere anche controproducente se non si azzeccano le affinità e diventa solo un modo per investire meno denaro. Noi siamo freschi protagonisti della nostra prima coproduzione in 10 anni. E’ uscito a Novembre il secondo disco dei Plasma Expander di Fabio Cerina (ex-Bron y aur) con Wallace, Burp, Bar La muerte, Here I Stay, Valvolare e Brigadisco. Il tutto dettato dall’affetto più che da affinità musicali con il suono dei Plasma (che va detto comunque dal vivo spaccano) ma piuttosto Fabio è di Cagliari, e a gennaio 2009 abbiamo tirato su un supergruppo che vedeva impegnati tre Hermetic Brotherhood of Luxor e tre Holy Carpenters (lo stesso Fabio più i due Zemeyel Manuel Lain e Laura Farneti) che si è esibito con Damo Suzuki in un fantastico concerto allo Sleepwalkers di Guspini(Ca) quà in Sardegna.
6) Cosa pensi della recensione degli Hermetic Brotherhood of Luxor da parte di Julian Cope? E’ possibile vedere un paragone con gli Stearica inseriti dalla rivista inglese Wire nella compilation ‘Wire Tapper 22’?
(immagine a sinistra supergruppo con Damo Suzuki) Julian Cope è uno di quei personaggi di cui, penso, bisogna essere onorati di essere presi in considerazione. Sapevo della sua passione per la Sardegna e naturalmente conoscevo la sua fama di critico e ho deciso di spedirgli “Saint Lux” il nostro ultimo disco che lui ha recensito fantasticamente solo pochi giorni dopo averlo ricevuto. Da poco ho scoperto che stava scrivendo un libro su Macomer, è appassionato di culture megalitiche e so che viene spesso in Sardegna. La cosa paradossale è che non sa né che siamo sardi né tantomeno di Macomer e che l’archeologia e la spiritualità sono per noi pane quotidiano unite ad una sana dose di decadenza industriale. Ma veniamo al punto, effettivamente è strano ma sembra che all’estero abbiano meno preconcetti e guardino più alla qualità della musica e della proposta culturale che non al marketing che la spinge.
7) Quali dischi pensi che siano meglio riusciti?
(immagine a sinistra India) Abbiamo un legame speciale con ciascuno dei lavori usciti. Ognuno di essi rappresenta un figlio, magari degenerato, difettoso e alienato, ma pur sempre un figlio. La tecnica della registrazione puramente etnografica fotografa un esatto istante di vita vissuta. Momenti bui ed esplosioni di luce fanno parte dell’unico corpo organico indivisibile. Si tratta di sonate della stessa grande sinfonia tra pietra e acciaio (ci vediamo e suoniamo insieme rare volte durante l’anno perchè quasi tutti noi per motivi di lavoro viviamo fuori dalla Sardegna per lunghi periodi. Le nostre reunions sono momenti in cui condensare la ricerca di un nuovo contatto con la nostra terra e le nostre radici alla luce delle contaminazioni che vengono dall’esterno e dall’interno del nostro corpo.
8) Con chi vorresti collaborare?
Con chiunque senta di avere delle affinità con noi, ma tutto dovrebbe nascere prima di tutto da un incontro umano e dalla condivisione di esperienze vitali.
9) Come vedi la scena musicale italiana?
(immagine a sinistra Maqom) Negli anni abbiamo organizzato diversi concerti in cui abbiamo avuto modo di entrare in contatto con persone fantastiche tra cui Ovo, Fuzz Orchestra, Jealousy Party, Plasma Expander che rappresentano, oltre il bellissimo rapporto di amicizia che si è sviluppato, alcune delle più belle realtà italiane. Non si può dire che sotterraneamente non ci siano delle belle cose. Forse bisognerebbe sviluppare un rapporto di scambio più ampio in modo tale da creare un circuito che sia virtuoso per davvero. Noi nel nostro piccolo ci stiamo provando e ci crediamo, ma penso anche a realtà come Scatole Sonore che stava facendo un ottimo lavoro di ricognizione dell’underground italiano e spero che continui a farlo.
10) Come vedi la scena live italiana?
Ottimi artisti, oltre quelli succitati, che ho potuto vedere dal vivo sono Mattia Coletti, Becuzzi-Orsi, RUNI, Bologna Violenta. Puntiamo a diventare punto di approdo per quanto riguarda la Sardegna. Contattateci. Per quello che ho potuto constatare mi pare che le situazioni realmente aperte e sperimentali stiano sparendo lentamente, non bisognerebbe adagiarsi su ciò che ci viene proposto-imposto ma continuare o forse ricominciare a cercare nuove forme musicali ma sopratutto sociali.
11) Come vedi la scena live internazionale?
Non per essere esterofili ma fuori dai nostri confini mi è parso di percepire una rilassatezza, una maggiore predisposizione alle proposte più ardite, una maggiore libertà negli ascolti che si riflette positivamente anche su chi si esibisce cancellando la famigerata ansia da prestazione. Più realtà e meno fiction.
12) Progetti futuri?
(immagine a sinistra Hermetic Brotherhood Of Luxor) E’in uscita questo mese il primo disco di un artista non del nostro entourage nella storia decennale del collettivo. E’ francese ma di stanza a Bruxelles, si tratta di Eric Desieux in arte Tzii, personaggio cruciale della scena della città belga con l’etichetta Night on Earth Records, il collettivo vidioatak, anche con Solar Skeletons. Ha vissuto fino ai 13 anni in Nord Africa con i genitori fotografi di National Geographic, si è interessato alla nostra proposta culturale per ovvie affinità, ci siamo conosciuti in occasione di un suo concerto da noi in Sardegna e abbiamo deciso di produrre il suo nuovo disco che si intitola “Vuole Morire”. A Febbraio invece uscirà il primo volume di una collana che si chiamerà ‘Ethnographies: Musèe de L’Homme Hermètique’. Si tratta di tre uscite in doppio cd di Hermetic Brotherhood of Luxor a scadenza di 2 mesi una dall’altra in copie limitate. Si tratta di registrazioni di pura improvvisazione, brevi momenti di vita vissuta insieme, (veri documentari della nostra realtà culturale e sociale che spaziano dalla musica cosmica a quella più feroce e tribale, dall’hip hop deviatissimo e drogato al desert rock più bruciato. Dal Cyberpunk alla metastasi. Nel corso dell’anno usciranno i nuovi lavori di Hameloh, Ethan Varss, Maqom e sicuramente dell’altro. Entro l’anno speriamo possa vedere la luce il nostro primo film con colonna sonora, produzioni ed interpreti interamente targato Trasponsonic! Chi ha voglia di seguirci in questo folle cammino ne sentirà e vedrà delle belle.