(Kemado 2009)
Al quarto album Marissa Nadler inserisce elementi nuovi al suo denso ed etereo canto mortale. Chi la conosce dagli esordi di “Ballad Of Living and Dying” troverà in questo “Little Hells” tante piccole variazioni alle ballate oscure in punta di corda di chitarra che caratterizzavano lo stile della cantautrice del Massachusetts. Non da sottovalutare in quest’ottica il supporting cast che ha aiutato la signorina della sponda atlantica degli Usa: in regia c’è la coppia Chris Coady (già con Tv On The Radio e Cat Power) – Dave Scher (leader dei Future Pigeon e collaboratore, tra gli altri, di Costello e Interpol), mentre in studio ad accompagnarla imbracciando gli strumenti ci sono Myles Baer (Mister Black Hole Infinity) e soprattutto Simone Pace, batterista dei Blonde Redhead.
Ed è proprio quest’ultimo a marchiare a fuoco l’album in maniera più evidente. È la struttura ritmica infatti quella che sorprende di più, facendosi a tratti meno sinuosamente ondulata che in passato. Mary Comes Alive è l’assoluta novità, in questa ottica. Un ritmo sincopato scandito da un drum machine secca ma decisa, mentre chitarra, synth e voce man mano si compenetrano fino a fondersi in un sound ovattato ma tutt’altro che gentile, sporco ma come di neve macchiata di terriccio e raggelata in un blocco indissolubile. Anche River Of Dirt sfoggia una ritmica incalzante, ma la compenetrazione elettronica è meno invasiva che nella precedente, col risultato di creare una struttura che imbriglia in schemi meno leggiadri il cristallino canto della Nadler. Per il resto il fingerpicking che ne ha decretato il successo mondiale torna a farla da padrone, ma tutta l’atmosfera del disco è meno smaccatamente folk e più virata verso un qualcosa di sognante e serratamente ambientale.
Ammalia il fascino oscuro e mortale della Nadler, con le sue liriche ispirate a Poe e ai poeti maledetti. Il suo grande pregio rimane quello di sconvolgere con due accordi di chitarra e pianoforte e le modulazioni della sua voce da angelo bianco della morte (cercate di resistere al fascino minimale di The Whole Is Wide), ma con questo album la cantautrice pone le basi per andare oltre ciò che è stata finora senza per questo trasfigurarsi. Una conferma ad alti livelli per una delle regine della musica folk mondiale.
Voto: 8
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