(JazzHausMusik 2008)
Un’etichetta piuttosto interessante la teutonica JazzHausMusik. Di certo non difetta in franchezza il gruppo in questione, che già nel nome non nasconde la propria linea programmatica, estetica ed esecutiva. Giunto con questo ‘Inner Voice’ al suo secondo saggio discografico (preceduto tre anni prima da ‘Say It!’ per la stessa etichetta), il quintetto è composto dalla sassofonista Caroline Thon, dalla cantante Junia Vent, dalla pianista Julia Hülsmann, dal contrabbassista Matthias Nowak e dal percussionista Christoph Hillmann.
E proprio di un patchwork si tratta, voluto, ammannito e ben servito, con una inevitabile matrice jazz (nelle note di copertina si legge un lusinghiero attestato di stima da parte di David Liebman) condito però con ondivaghe venature di pop cristallino ed elegante, sentori di world music e molto altro. Le nove composizioni sono quasi tutte firmate dalla leader Caroline Thon, che si alterna al sax contralto ed al soprano (in Schmafu, composta dalla vocalist Junia Vent, autrice anche di tutti i testi, sembra strizzare l’occhio proprio a Liebman); il collettivo funziona alla perfezione, anche grazie agli accurati arrangiamenti dei pezzi; bella e duttile la voce della Vent, capace di svariare dalle algide e liriche atmosfere dell’iniziale Home passando per la ballad (Song For Robin Hood, introdotta da un bel pianoforte impressionista e sospeso), fino allo scat Inner Voice; tra le altre tracce You See, You Don’t, aggressiva e ruggente, con un lungo e tirato assolo di sax alto; Lisanga , costruita attorno ad un dialogo sax-percussioni con inserti vocali in contrappunto e sognanti unisoni; Hey, Robin dall’andamento ritmico irregolare, che si apre con uno squarcio di batteria e si svolge con cellule monosillabiche prima di esplodere in un’improvvisazione latineggiante; Age, dove tra i sovracuti del sax soprano emerge il piano della Hülsmann con una lunga sortita solistica davvero pregevole; conclude il disco Till Now, dal ritmo soave e cadenzato, che si interrompe per lasciare spazio ad una melodia evanescente, come un tuffo leggero in acque serene.
Nulla di miracoloso, beninteso, ma in definitiva un disco di grande raffinatezza, un’ennesima piacevole interpretazione di jazz e languore romantico, come (forse) solo la Vecchia Europa riesce ancora ad elargire a piene mani.
Voto: 7
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Autore: belgravius@inwind.it