Patrick Wolf ‘The Bachelor’


(Bloody Chamber Music 2009)

L’inglese Patrick Wolf, indubbiamente tra i cantautori più sorprendenti della sua generazione, ritorna sulle scene musicali dopo due anni da quell’autentico gioiello pop che era “The Magic Position”. E si dimostra in grandissima forma. In “The Bachelor”, quarto album della sua carriera, cominciata ormai sette anni fa con l’acclamato “Lycanthropy”, il nostro propone infatti una scoppiettante miscela (tutt’altro che convenzionale) di ballate d’ascendenza folk e sonorità elettroniche, il tutto incastonato entro avvolgenti arrangiamenti orchestrali.
Eclettismo e varietà stilistica sono le parole chiave per comprendere il disco. Hard Times, il primo irresistibile singolo dal piglio epico e Oblivion, propulsa da beat elettronici, rimandano a sonorità new wave. La title track, invece, è una cupa ballata di stampo pianistico introdotta da un violino celtico e cantata in duetto con Eliza Carthy, singer dotata di un timbro roco che si amalgama alla perfezione con la vocalità potente di Wolf. La successiva Damaris è un capolavoro di orchestrazioni sontuose ed avvolgenti e beat elettronici; l’epico ritornello è di quelli che non lasciano indifferenti. Thickets, da par suo, è più umile e dimessa, una ballata di ascendenza folk con tanto di flauto e saliscendi di violino. Come a rimangiarsi tutto, Wolf getta poi sul tavolo i cori maestosi di Count The Casuality, mentre organo da chiesa ed elettronica sporca caratterizzano la struggente Who Will?, una splendida ballata corale che cresce progressivamente d’intensità. Vulture ci riporta su territori della new wave più sintetica e danzereccia, ammiccando, con le sue tinte noir, un po’ ai Depeche Mode e un po’ a Stan Ridgway. Un tono elegiaco (accompagnamento essenziale di piano, canto sommesso) caratterizza invece la prima parte di Blackdown, la quale, nella seconda metà, si anima con l’ingresso della batteria e soprattutto di un violino dal sapore irish. La drammatica The Sun Is Often Out, altro superbo esempio del genio di Wolf, arrangiata per sola orchestra e voce, fa pensare in alcuni momenti a certe cose di David Sylvian. La delicata (nonostante il battito pesante) Theseus fa da preludio alla violenza industrial di Battle (coautore Alec Empire, che ha co-firmato anche Voltures). Chiude il disco The Messenger, pezzo d’ispirazione folk caratterizzato da una melodia splendidamente elegante e solenne squassata dagli immancabili beat elettronici.
Ulteriore conferma di un talento unico, impossibile da ingabbiare in definizioni e classificazioni di qualsivoglia tipo, “The Bachelor” è un disco strepitoso, in cui forma (gli arrangiamenti geniali ed imprevedibili) e contenuto (le melodie superbe) vanno a braccetto, regalando oltre cinquanta minuti di poesia pura.

Voto: 8

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