Di Marco Loprete
Un duplice omicidio (un custode ed un docente universitario) ed un investigatore chiamato a risolvere il mistero. Fin qui niente di anormale. Tuttavia, “Sangue in dipartimento” dell’esordiente Luca Betti, classe 1983, è un giallo tutt’altro che convenzionale. La vicenda è infatti ambientata in un epoca indefinita nell’immaginaria cittadina di Lotrib (della quale l’autore si guarda bene dal fornici le coordinate spaziali), in cui gli esseri umani vivono a contatto di orchi, draghi e folletti. Il protagonista, poi, il giovane Darden, non è solo un detective privato cui il capitano delle guardie cittadine affida di tanto in tanto incarichi ufficiali, ma anche un musicista (suona assieme ad un gruppo di amici in una band di musica tradizionale, esibendosi nei vari locali di Lotrib) ed uno spirito ribelle, che ha in scarsa simpatia le istituzioni e le la loro intolleranza nei confronti delle minoranze (gli orchi, per l’appunto) e dei meno abbienti, confinati in un autentico quartiere ghetto della città.
Da tutto questo si capisce come, in fondo, quello che dovrebbe essere il tema portante del romanzo, ovvero l’assassinio del professor Perat e del custode del dipartimento di Lingue Antiche dell’Università di Lotrib, Belid, passi quasi in secondo piano. L’universo tratteggiato da Betti è talmente tanto singolare e la dimensione di critica sociale talmente tanto evidente (gli orchi, ad esempio, oltre che essere ingiustamente additati come i responsabili di una non meglio precisata «ultima guerra», sono anche accusati di «rubare il lavoro» agli umani…) che il “who done it”, la ricerca del colpevole, è quasi un elemento accessorio.
Nonostante il ricorso a qualche cliché nella caratterizzazione dei personaggi, “Sangue in dipartimento” è un ottimo esordio, un’originale ed intrigante miscela di giallo e fantasy sottoforma di allegoria socio-politica che incuriosisce ed appassiona.
Link: Editore Albatros Il Filo, 2009