(No Fun Productions 2009)
Dietro il nome Oneohtrix Point Never si nasconde Daniel Lopatin, musicista elettronico di stanza a Brooklyn, NY. “Rifts” raccoglie in due CD i suoi primi tre lavori, originariamente licenziati in vinile in edizione limitata, più una serie di rarità, tutto materiale registrato tra il 2003 ed il 2009. Riportando alla luce gli album del compositore americano, la No Fun Productions ha inteso sottoporre ad un pubblico più vasto dei consumatori di 33 giri l’elettronica di Lopatin, basata su una mescolanza di synth-programming, drone, minimalismo, computer music e persino tecno degli esordi.
Il CD I comprende i primi due lavori del nostro, “Betrayed In The Octagon”, uscito per la Deception Island nel 2007 (tracce 1 – 7) e “Zones Without People”, edito dalla Arbor nel 2009 (tracce 8 – 14). Nel primo caso, siamo difronte ad un’elettronica che guarda alle profondità dello spazio interstellare. Il disco è conteso tra melodie, malinconiche e pulsanti come supernove (su tutte la title-track), e composizioni più dilatate, astratte e sospese (Woe Is The Transgression I e II), sorta di glaciali sinfonie che sembrano provenire dai recessi più oscuri del cosmo. Il tutto, per quanto ben confezionato, suona in effetti scarsamente originale. Più interessanti le altre sette tracce, in cui predomina un minimalismo robotico e meccanizzato (Computer Vision, Format & Journey North, con i suoi droni ed il crescendo sonoro-emotivo, i terribili squarci noise di Learning To Control Myself ed infine Emil Cioran, che parte con un saliscendi elettronico e beat implacabili per poi rimangiarsi tutto e virare verso un landscape sospeso).
Le cose peggiorano nel secondo disco. Le prime sette tracce, tratte da “Russian Mind” (No Fun Productions, 2009) sono le peggiori dell’intera raccolta, con il loro noiosissimo e prevedibile uso dei drone (con l’eccezione della splendida Grief And Repetition, cupa, oscura, venata di jazz, e della fluttuante title-track); i brani finora inediti, poi, non aggiungono niente a quanto già ascoltato fino a quel momento, con l’unica (rilevante) eccezione di I Know It’s Taking Pictures From Another Plane (Inside Your Sun), una sorprendente ballad psych-folk lo-fi per voce, chitarra acustica ed effetti elettronici.
In conclusione, “Rifts” rivela come Lopatin sia in fondo un musicista poco originale, uno che ha studiato ma che poi, giunto alla prova finale, s’è limitato a fare il compitino. Forse per paura di sbagliare, forse per mancanza di talento, chissà. Fatto sta che la sua musica, alla fin fine, suona assai prevedibile: al massimo regala qualche buon numero, ma non aggiunge nulla alla ricerca nel campo dell’elettronica moderna.
Voto: 5
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