(Warp 2009)
Signore e signori, eccovi uno dei capolavori del 2009, un disco semplicemente irresistibile nella sua miscela di folk e pop, che pone i Grizzly Bear tra i gruppi più interessanti della nostra generazione. Ma procediamo con ordine.
Il primo full lenght della band, “Horn Of Plenty” vede la luce nel 2006, dopo l’incontro tra Edward Drost, musicista sperimentale originario di Boston, ed il polistrumentista Christopher Bear (attivo in numerose formazioni che spaziavano dall’elettronica al free-jazz), il quale arricchisce il materiale home-made di Drost delle vocals e di numerosi interventi strumentali. Al debutto seguono un altro lavoro di studio, “Yellow House”, pubblicato sempre nel corso dello stesso anno, e nel 2009, il “Live On KCRW” e questo “Veckatimest”.
Il CD (che prende il nome da una delle Elizabeth Islands, una landa completamente disabitata che fa parte della città di Gosnold, Massachusetts, USA) mescola in chiave pop-folk lo spirito freak degli Animal Collective e quello più pastorale degli ultimi Sigur Ros con spunti corali (affidati al Brooklin Youth Choir) degni dei Beach Boys ed arrangiamenti a tratti magniloquenti che ammiccano agli Arcade Fire (fondamentale, in questo senso, l’apporto del compositore classico Nico Muhly e dell’Acme String Quartet).
Non elencheremo i brani migliori dell’album: tanto varrebbe presentare l’intera track list. Perché questo flusso pop-folk al tempo stesso eccentrico e malinconico, delicato ed imponente, trasognato (anche grazie al contributo vocale, in alcune tracce, di Victoria Legrand dei Beach House) e strutturalmente complesso, non mostra, per tutta la sua durata, alcun segno di cedimento: la scrittura è perfetta e gli arrangiamenti estremamente intelligenti e raffinati. La costruzione ricercata dei pezzi, poi, riesce a non soffocare l’emozione che scaturisce dall’ascolto.
Insomma, se “Veckatimest” non è un album perfetto, gli manca davvero pochissimo.
Voto: 9
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