(Macaco Records 2010)
Chi l’avrebbe immaginato che Venezia e Londra fossero così vicine? Perché è proprio questa l’impressione che viene ascoltando l’album d’esordio dei Margareth. Il quartetto, dopo un paio di demo autoprodotti (“Margareth” del 2006 e “Out Of The City” del 2007) ed il ritorno all’ovile di Niccolò Romanin (batteria e percussioni), tra i fondatori della band assieme a Paolo Brusò (voce e chitarra), Alessandro Fabbro (piano, tromba e didjeridoo) e Alessandro Benvegnù (basso), ha pubblicato un primo album, questo “White Lines”, nelle cui tracce è piuttosto evidente l’influenza dei Beatles e dell’odierno brit-pop. Ma i nostri non si sono accontentati, impregnando il loro sound di influenze che spaziano dal folk alla psichedelia, passando per l’alt-country dalle atmosfere western dei Calexico.
Brani come I Get Along, in cui è piuttosto evidente l’influenza dei Fab Four, Mad Man’s Poem, la lenta ed ipnotica Horizon, la desolata e notturna Night Talker, la (splendida) ballad esistenzialista Home Sweet Home, This Town e l’ambiziosa The Gate, impreziosita da una chiusura strumentale di stampo psichedelico affidata al dialogo tra piano, tromba e chitarra elettrica, rivelano un approccio piuttosto delicato ed intimista alla composizione ed un notevole senso della melodia, che si accompagna a testi decisamente interessanti.
Le uniche note dolenti sono una produzione un po’ piatta e soprattutto degli arrangiamenti poco vari e assai prevedibili. Con un pizzico di coraggio in più, “White Lines” sarebbe stato un ottimo disco. Così, invece, è solo un lavoro sufficiente.
Voto: 6
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