(Anfibio Records 2009)
Una scarica di punk-hardcore melodico che guarda tanto al passato (Motorhead) quanto al presente (il sound californiano): non offrono di più gli Ennecibbì. Gargiulo (voce), Mongia (chitarra), Cicca (basso), Skizzo (batteria) hanno confezionato undici energici anthem in cui le parole d’ordine sono le solite: rabbia e rivolta. Contro il sistema carcerario (L’Angelo), gli hippy (Blood For the Hippies, con il testo che recita: «vivi la vita lascivamente / il tuo pacifismo non mi serve a niente»), la «borghese infamità» (Storia Triste), il “sistema”, fatto di «padroni e servi ammaestrati» (Il Giorno Verrà, in cui si annuncia che da «fiamme e oscurità […] nascerà la nuova fenice e la sua civiltà») e contro il quale l’unico rimedio sono «i fucili in braccio», perché «pè da’ na svolta al mondo c’è bisogno dell’azione» (Impazziamo). L’importante, comunque, è resistere («tieni duro e tieni alta la testa / mangia il cuore di chi ti dice basta» ruggisce Gargiulo in Guarda il Sole) e continuare sempre per la propria strada, senza arrendersi a questa vita (Strada).
Non mancano, però, episodi più inconsueti: una specie di “inno al malto” (La Mia Birra, «bona sopra ogni cosa»), una dichiarazione d’amore per la città natale (Roma) e persino uno stornello romano come ghost-track.
Nel complesso, comunque, siamo di fronte ad un disco scontato e banalotto, in cui la genuina “rabbia contro la macchina” del quartetto annega in una retorica insopportabile e non è redenta neppure da qualche guizzo delle partiture, tutte assai prevedibili sotto il profilo melodico e strutturale.
Voto: 8
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