Quattro chiacchiere digitali con Federico Carra della Kiwido.
Di Marco Paolucci
10/06/2010 Questa volta Kathodik devia, ma non più di tanto, dal suo percorso abituale per andare a conoscere la realtà della Kiwido, casa editrice dedita, tra le altre forme di promozione e produzione culturale che potrete conoscere nell’intervista, a pubblicazioni di cinema sperimentale in dvd “coraggiose” ed estremamente interessanti. Kathodik è piacevolmente incappata in una di queste (vedi recensione a Roberto Nanni ‘Ostinati 85/08‘) e ha voluto saperne di più, usando il buon vecchio metodo delle quattro chiacchiere digitali con Federico Carra, deus ex machina della Kiwido.
1) Quali sono le origini della Kiwido? Come è nata l’idea?
(nella foto Federico Carra) La Kiwido nasce dall’esigenza di creare ed offrire qualcosa di innovativo sia da un punto di vista contenutistico ed editoriale sia da un punto di vista tecnico e creativo. Un progetto in continua evoluzione che porto avanti anche imparando sul campo e seguendo gli sviluppi della distribuzione culturale e delle tecnologie connesse per proporre e promuovere opere che faticano a trovare spazi e collocazioni, opere di ricerca e di impegno culturale e sociale.
L’idea è quella di sfruttare i canali esistenti e creare nuovi canali per la diffusione culturale in genere, che ad oggi si sono concretizzati nella pubblicazione di libri e Dvd e nella realizzazione di eventi, principalmente proiezioni e incontri, ma che a breve prenderanno anche nuove forme. Il libro, in particolare, ma anche il Dvd, o il Blu Ray, sono contenitori fisici che hanno una funzione e un valore a se stante a volte difficilmente sostituibile. Credo che alcune opere abbiano bisogno di questi contenitori fisici, altre possono anche essere fruite on-line, alcune sono più adatte a una fruizione domestica, altre più adatte a una fruizione dal vivo ed anche lo spettatore dovrebbe in qualche modo avere più possibilità di scelta, anche rispetto alla stessa opera.
(nella foto Federico Carra, Antonio Rezza, Flavia Mastrella) Personalmente sono per la libera circolazione del sapere ma non vedo ancora nei nuovi sistemi di distribuzione e di condivisione la possibilità di portare alla luce un’opera con lo stesso risalto che viene dato quando viene prodotto un oggetto fisico come un libro o un Dvd.
Mi piacerebbe ad esempio distribuire film, video e musica on-line ma limitandomi a questo sarebbero limitate le presentazioni, che sono anche occasioni per discutere delle opere con gli autori e con esperti del settore; sarebbero limitate le recensioni su giornali e siti, sarebbe limitata la possibilità di far arrivare all’utente tutti i contenuti complementari, come testi critici, approfondimenti, foto, i famosi extra dei Dvd che ho in qualche modo già cercato di innovare mettendoli anche su Web, attraverso il sito, con accesso sia libero sia riservato a chi ha acquistato il Dvd e che presto si implementerà anche con la possibilità di scaricare gli e-book. Sulla fruizione degli extra, appunto, sto lavorando sin dall’inizio, un lavoro che potrebbe essere valido anche per una distribuzione on-line, ma sul risalto e sulle opportunità che si creano pubblicando fisicamente le opere non vedo ancora un’alternativa valida. Se non avessi pubblicato i libri e Dvd di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Roberto Nanni, Paolo Gioli e Antonello Branca penso che difficilmente ci sarebbero state le bellissime occasioni di presentarli o ripresentarli e discuterne col pubblico, come anche l’ottima rassegna stampa con articoli critici e di approfondimento. Insomma, se da un lato vedo il lato positivo della condivisione e distribuzione on-line, ad oggi ne vedo anche parecchi limiti, e questo mi ha spinto ad affrontare per prima cosa una distribuzione editoriale in senso più classico, pur sapendo che l’idea generale mi porterà in un futuro assai prossimo ad integrare il tutto con sistemi totalmente nuovi, ma forse anche questo è ciò che mi attrae di questa esperienza.
2) Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
Non ci sono stati modelli specifici, soprattutto per l’ampiezza del progetto che ho in mente e sto cercando di realizzare. Per quanto riguarda la distribuzione home video sicuramente ci sono editori ed etichette che stimo e apprezzo soprattutto all’estero, come l’Index austriaca, la Re:voir francese, la Criterion statunitense o anche la RaroVideo in Italia (con la quale in passato ho collaborato) e ci sono esperienze particolari come la Malastrada di Catania e molte autoproduzioni sicuramente interessanti. Però la linea che seguo è abbastanza personale, sinceramente non ho mai preso a riferimento nessuno anche perché proprio dall’originalità del progetto Kiwido e dalle sue infinite possibilità di sviluppo traggo continuamente ispirazione e linfa vitale.
3) Come scegli le produzioni?
Come detto, sicuramente cerco di scegliere opere valide di impegno sociale e culturale che trovano maggiori difficoltà di distribuzione. Alle scelte hanno contribuito e contribuiscono anche gli artisti e i numerosi giornalisti e critici che hanno collaborato alla realizzazione di questi primi progetti e che approfitto per ringraziare.
L’inizio è stato più o meno “dettato” da un’amicizia pluriennale con Antonio Rezza e Flavia Mastrella con i quali da anni parlavamo di un Dvd che alla fine è stato il lancio di questa esperienza editoriale, progetto che, tornando al discorso di prima, ha dimostrato quanto sia importante un “contenitore” editoriale curato, complesso, multidisciplinare, che infatti sta andando benissimo. Tra l’altro un altro elemento che caratterizza le mie produzioni è proprio il fatto che i progetti sono curati ove possibile con gli autori stessi e questo li rende a mio parere in qualche modo degli “oggetti d’arte”, nel senso che molto spesso anche nei contenuti aggiunti, nel libro, nella grafica, nel confezionamento c’è anche lì la mano dell’artista.
(nella foto Agostino Ferrente, Roberto Nanni, Federico Carra) Poco dopo aver pubblicato “Ottimismo Democratico” ho conosciuto Roberto Nanni con il quale c’è stato un afflato immediato, e affascinato dal suo percorso artistico-esistenziale e anche dalla sua indipendenza – cosa che accomuna un po’ tutti gli autori pubblicati – ho iniziato a lavorare al progetto “Ostinati 85/08 – Dalla Conversazione con Derek Jarman a Steven Brown reads John Keats”, una raccolta dei suoi video più sperimentali e di ricerca con la conversazione con Jarman vincitrice del Festival di Torino e i video usati nelle performance dal vivo di Steven Brown, del gruppo storico Tuxedomoon, con il quale ha collaborato per diversi anni. Nei video realizzati come extra tra l’altro sono presenti Steven Brown, ma anche Rezza e Mastrella e Roberto “Freak” Antoni degli Skiantos.
(nella foto proiezione di un film di Paolo Gioli) Paolo Gioli è un artista che avevo già apprezzato collaborando alla produzione di un suo vecchio lavoro e poi si è presentata l’occasione di collaborare con la Cineteca Nazionale e con il Centro Sperimentale di Cinematografia per realizzare “Un cinema dell’impronta”, un libro fotografico sul suo cinema con Dvd allegato. A differenza degli altri progetti si tratta di un libro di grande formato, il primo libro fotografico sul cinema di Gioli, curato da Sergio Toffetti e Annamaria Licciardello con l’immancabile apporto del produttore-mecenate Paolo Vampa.
Nel frattempo ho realizzato con l’Istituto Nazionale per la Grafica il catalogo multimediale della mostra “Prospettiva Mobile”, a cura di Bruno Di Marino e Antonella Renzitti, con gli artisti Basmati, Leonardo Carrano, E.G.O., Ursula Ferrara e Virgilio Villoresi.
Ho continuato a cercare lavori di registi e artisti italiani molto spesso scontrandomi con molte difficoltà per la soluzione dei diritti d’autore, per le immagini, per le musiche, dopo queste prime uscite volevo anche avviare una serie più esplicitamente sociale, quando mi sono imbattuto in “Seize the Time” e (nella foto proiezione di Antonello Branca ‘Seize the time’ al cinema Trevi) nel complesso lavoro di Antonello Branca. Un film che adesso potremmo provocatoriamente definire col termine un po’ trendy “docu-fiction”. Un solo attore professionista che si aggira all’interno del reale movimento del Black Panther Party negli Stati Uniti del 1970: i ghetti, la povertà, le manifestazioni, la presa di coscienza degli afro-americani, le armi, la repressione, i rastrellamenti, gli omicidi. Branca è stato un documentarista originalissimo che non ha mai cercato di celare dietro a un’aurea di falsa oggettività il suo punto di vista, sempre stato dalla parte dei più deboli, degli emarginati, degli sfruttati. Proprio per questo mi sembra provocatoria la definizione di “docu-fiction”: un film, che sia un documentario o un cartone, è sempre finzione, è sempre una visione personale della realtà, anche quando l’autore cerca di nascondere la propria posizione facendolo passare per oggettivo, ma questo Branca non lo ha mai fatto: che fosse un film o un servizio televisivo lui mostrava sempre il suo punto di vista, era poi lo spettatore a poter scegliere se condividerlo o no, sapendo però chiaramente quale fosse la posizione di chi gli presentava quelle immagini. Il Dvd tra l’altro contiene “What’s Happening?” una serie di interviste ad artisti della Beat Generation e della Pop Art, da Warhol a Lichtenstein, da Ginsberg a Corso, che ci presentano gli Stati Uniti del 1967 da un punto di vista totalmente diverso. La guerra in Vietnam, il capitalismo sfrenato, le tensioni sociali, la velocità maniacale, visti da un punto di vista a volte stridente, soprattutto nei modi, con quello dei neri dei ghetti e delle Pantere Nere, ma che nell’insieme fanno riflettere profondamente sulle differenze di allora ma anche molto sullo stato attuale delle cose.
4) Quali pensi siano state, analizzando questo primo spaccato di uscite, le produzioni migliori targate Kiwido? Quali le peggiori?
Artisticamente penso che siano tutte estremamente valide, anche e soprattutto nella loro diversità. Io credo che, soprattutto in questo momento, ci sia un estremo bisogno di ricchezza culturale, di stimoli…e gli stimoli non funzionano più se ripetuti all’infinito, quindi c’è anche bisogno di varietà, di molteplicità. I lavori che ho pubblicato passano dal cinema più ironico e surreale a lavori di cinema sperimentale e di ricerca, a volte più vicini alla video-arte, fino ad arrivare a un cinema più esplicitamente sociale. Il pubblico molto spesso è troppo frammentato e fermo su una visione di un solo genere e in particolar modo sul cinema narrativo; il cinema astratto, a differenza dell’arte, è purtroppo ancora lungi dall’essere recepito ed apprezzato dalle masse. Questo rende quindi sicuramente più difficile la distribuzione di opere video e cinematografiche che vanno oltre la narrazione più convenzionale, ma è una difficoltà in qualche modo preventivata e non sarà certo questa a fermarmi.
5) Come vedi la scena editoriale italiana?
La scena editoriale italiana, sebbene sia tra le più ricche come numero di uscite, a livello contenutistico è una scena purtroppo totalmente priva di coraggio, in particolar modo riguardo all’editoria multimediale e all’home video. L’home video e la musica sono in più penalizzate da un mancato riconoscimento nell’ambito della cultura a livello istituzionale. La situazione è abbastanza disastrosa, da un lato per scelte di governi che investono sempre meno nelle politiche culturali e nella circolazione del sapere, dall’altro anche per un’innovazione tecnologica di fronte alla quale tutto il sistema culturale non sta ancora trovando uno sviluppo adeguato. Ripeto, se da un lato l’evoluzione può e potrà permettere di far circolare liberamente o comunque a costi notevolmente più bassi le opere artistiche e letterarie, dall’altro, ad oggi, il rischio è che mettendo un’opera solamente on-line, la sua visibilità, nella marea di informazioni e contenuti di ogni tipo, resti uguale a zero. E a questo gli operatori del mondo della cultura ma anche dell’informazione devono trovare una soluzione. C’è un mondo, un sistema consolidato di diffusione e fruizione culturale sviluppatosi dal tempo dell’invenzione della stampa che deve essere ancora totalmente ridisegnato…
6) Progetti futuri?
Ridisegnare!
Link: foto presenti nell’intervista di Sergio Paroletti.