(CasaMedusa/AtelierSonique/Tomato/CNI 2010)
Il malaffare della “cricca”, un «Re degli unti» che «protegge e salva i nostri conti» e veglia su di noi dagli schermi televisivi, minacce di un «nuovo ordine» in cui l’intolleranza è spacciata per sicurezza. Ma anche l’indifferenza dell’ “uomo della strada”, i drammi di un “borghese piccolo piccolo”, le baby gang, la solitudine e l’alienazione di chi è sfruttato da un mercato del lavoro iniquo e non osa (o non può) ribellarsi. Non risparmiano nessuno i Guignol. Al terzo album, la band di Pierfrancesco Adduce punta di nuovo sulle armi della satira e della parodia per affrontare temi di dolorosa e scottante attualità. Ma la sua ironia è di quelle che lasciano un retrogusto amaro e che spingono alla riflessione. Anche musicalmente, il quintetto – di cui fanno parte, oltre ad Adduce, Fabio Gallarati (chitarre elettriche, rumori), Giulio Sagone (basso), Alberto De Marinis (organo, synth, farfisa) e Stefano Caldonazzo (batteria, percussioni, rumori) – non si discosta dal sound dei precedenti lavori: un mix di garage-pop (in passaggi come Cristo è Annegato Nel Po riecheggiano gli Arctic Monkeys), funky (Il Sonno Ritrovato) e blues (Dall’Altra Parte, più ruvida, e 12 Marmocchi, la cui atmosfera notturna e l’impianto percussivo fanno pensare a Tom Waits).
Intenzioni buone, dunque; meno i risultati. Il disco suona prevedibile, scontato, non riesce a regalare neppure un brano memorabile. Solo L’incendiario, con la sua lunga coda indie/noise, fornisce qualche motivo d’interesse. Ma questo non basta a redimere il disco dalla sua piattezza.
Voto: 5
Link correlati:Guignol Home Page