Di Gualtiero Ceresani
Tsukamoto la sua poetica ed il suo lato oscuro, ovvero si puo’ spiegare l’inspiegabile?
Andrea Chimento e Paolo Parachini, sotto l’egida della casa editrice Falsopiano, pubblicano un testo volto a svelare le opere e la poetica di uno dei registi piu’ trasgressivi e meno allineati in circolazione, quello Shinya Tsukamoto autore di vere e proprie gemme cinematografiche spesso racchiuse ed avviluppate in se stesse e difficilmente comprensibili e spiegabili ai piu’.
Il tentativo, assolutamente coraggioso visti l’autore e le sue opere particolarmente “spinose”, non sembra comunque essere pienamente riuscito e questo per diversi motivi.
Gli autori dividono il loro lavoro in capitoli in cui affrontano, secondo la loro personale idea del cinema del regista giapponese, le tappe della sua carriera e l’evoluzione della sua poetica: partendo dal cyberpunk frutto di contaminazioni cronenberghiane (‘Tetsuo’…) fino al cinema piu’ dichiaratamente intellettuale (tema del doppio, della malattia, della sessualità). Il tutto attraverso l’analisi delle opere del regista. E proprio nella disamina da parte dei due autori delle opere di Tsukamoto abbiamo il primo rilevante problema che affligge il testo. Infatti, nella loro analisi, gli autori non esaminano completamente il corpus cinematografico, ma si concentrano solo su di alcune pellicole, (‘Phantom of the regular size’, i due ‘Tetsuo’ , ‘A Snake of June’ ed in minor parte sulle altre) mentre, ad esempio, opere come ‘Hiruko the goblin’ vengono completamente ignorate. Gli autori argomentano tale esclusione dalla trattazione con il fatto che ‘Hiruko the goblin’ risulta essere il primo lavoro su commissione di Tsukamoto per una major e che quindi sarebbe privo, come film, di tutti gli ideali e le idee proprie del cinema del regista. Per altro gli autori rimarcano il fatto che il regista avrebbe accettato di dirigere tale pellicola con il solo scopo di procacciarsi denaro per poter mettere in cantiere le sue successive produzioni. Ma un intervista rilasciata da Tsukamoto e riportata sul booklet dell’edizione italiana editata da Rarovideo sembra raccontarci una storia diversa. Il regista infatti non smentisce la sua necessità di fondi ma ammette anche come sia stato felice di poter dirigere una pellicola come ‘Hiruko’, che gli avrebbe finalmente permesso di poter finalmente omaggiare tutti gli eroi ed i mostri che avevano popolato la sua infanzia (Godzilla, Ma tango, ecc.).
Giova poi notare che in un testo pubblicato dalla Noir Publishing, a firma Jim Harper, intitolato “Flowers from hell the modern history of Japanese horror cinema”, l’autore affermi a chiare lettere che forti echi dei due ‘Tetsuo’ (la mutazione della carne che avviene nel protagonista, la forte dose di splatter racchiusa nel film) si possono riscontrare in ‘Hiruko’, che risulta essere una delle migliori pellicole orrorifiche di quel periodo. A fronte di tutto questo la scelta di tralasciare tale opera del regista dalla trattazione appare quantomeno singolare anche alla luce del fatto che decine di fotogrammi di ‘Hiruko’ appaiono sulle pagine del volume curato dai due autori…..
E’ da considerare poi l’enorme influsso che sicuramente hanno avuto manga ed anime sulla costruzione delle prime opere del regista. Infatti le trasformazioni della carne in metallo, il dolore fisico e le deviazioni meccanico falliche sono sicuramente figlie delle opere di Go Nagai (Jeeg Robot, Devilman, Mao Dante, ecc.) ma anche di tutti quei seinen manga che proprio nell’anno di uscita di ‘Phantoom of the regular size’, avranno il loro piu’ importante rappresentante in ‘Urotsukidoji legend of the overfiend’ (poi trasposto negli anni ‘90 in un ottima serie di OAV giunta anche in Italia). Ma di tutto questo nel testo non se ne ritrova praticamente traccia.
Altra pellicola, o mediometraggio che dir si voglia, che praticamente non viene affrontato nella trattazione se non in modo assolutamente marginale è ‘Haze il muro’, che gli autori liquidano sorprendentemente in poche righe attribuendogli come tema principale il voler spiegare da parte del regista lo scorrere del tempo. Ma in realta’ forse Tsukamoto in questo film osa di più. Sembra voler scendere fisicamente e psicologicamente negli abissi più reconditi ed orripilanti dell’animo umano, alla ricerca delle sue paure più inconfessate, su tutte quella della morte, legata alla scorrere del tempo, e che sembra sempre più avvicinarsi inesorabile, fino al finale assolutamente spiazzante e fuori contesto. La pellicola risulta essere assolutamente destrutturata, non vi sono spiegazioni per gli accadimenti, non abbiamo idea di chi siano i personaggi, quali siano le loro storie. E’ la sua opera forse più criptica ma anche più sentita che in più di una occasione sembra essere stata profondamente influenzata (spazi chiusi, marchingegni, torture, sangue, nessuna via d’uscita…) da un gran bel film indipendente canadese di qualche anno fa ‘The Cube’.
Un’altra cosa assolutamente discutibile, anche questa se messa in relazione con la non trattazione di ‘Hiruko’, e’ l’includere ‘Gemini’ tra le opere del regista che possano portare a comporre la sua ideale poetica. Infatti proprio come nel primo caso, anche qui ci troviamo di fronte ad un progetto per una major, ed a una storia che non e’ farina del sacco del regista, ma un adattamento (come fu per Hiruko, adattato da un manga di grande successo all’epoca) di un racconto del grande maestro nipponico del soprannaturale Edogawa Rampo. Eppure, secondo gli autori, in questo caso la pellicola potrebbe essere inclusa nel corpus perche’ si legherebbe concettualmente ad altre opere originali del regista.
Altra questione che lascia onestamente perplessi e’ il modo in cui i due autori affrontano la trattazione dei singoli capitoli. Infatti si possono veder emergere due peculiarità’ sostanzialmente negative. Ovvero la ridondanza del cappello introduttivo (il voler spiegare tutto quello che sia accaduto nel cinema su di un determinato argomento prima dell’avvento del regista) con conseguente caduta d’interesse da parte di chi legge, fino alla chiusa dei vari capitoli in cui gli autori non fanno altro che riassumere in poche righe quanto narrato.
Ma la cosa che forse lascia più l’amaro in bocca è il non trovare nella filmografia del regista nessun accenno alle edizioni italiane delle sue opere e alla conseguente reperibilita’.
Infatti la Rarovideo ha pubblicato gran parte delle opere di Tsukamoto (‘Tetsuo I’ e ‘II’, ‘Le avventure del ragazzo palo elettrico’, ‘Nightmare detective’, ‘Bullett ballett, ‘Tokyo fist, Hiruko the goblin) in dvd con sottotitoli italiani, mentre ‘Vital’ e’ disponibile in edizione italiana per i tipi della Koch Media.
Link: Edizioni Falsopiano, 2009