(Pfmentum 2009)
Nuova uscita, per il batterista/compositore Rich West
(altre info, le reperirete, scartabellando nell’archivio
recensioni…).
L’ex Camper Van Beethoven (pare trascorso
un secolo, è forse lo è….), come al solito, delle
mezze misure, e delle mezze stagioni, se ne frega bellamente.
“Mayo
Grout’s…”, allinea astronavi, universi sconosciuti e nuove
forme di energia.
Il tutto, sufficientemente allucinato.
Sette
brani, registrati fra il 1991 e il 2003, ottimamente coesi,
nonostante lo spazio temporale intercorso, fra una performance e
l’altra.
Si prestano a quest’operazione, Emily Hay
(flauto), Bruce Friedman (tromba), David Kendall
(basso, elettronica), Haskel Joseph (chitarra), Ace Farren
Ford (vocals), Tony Atherton (sax alto), Steuart Liebig
(basso), Eric Johnson (bassoon), Walter Zooi (tromba),
Jill Meschke (tastiere), Paul Green (basso), e lo
stesso Rich West alla batteria (ovviamente).
Sette, tutto sommato,
fumiganti composizioni, complesse e muscolari.
Dal rock pestato di
Short I Am, alle rifrazioni contemporanee, della conclusiva
ES-I, passando per le atmosfere Canterbury di On Her Wrists
She Wore Her Interest, od il funk/blues, tirato per i capelli, di
Five-Lane Parasite, si delinea un universo, dove i colori
accesi non mancan di certo.
Sun Ra, Zappa, spoken
word e free, son minutaglie poi, reperibili in molti
passaggi.
Possiede un fascino frontale, dalle forti tinte
metallizzate, una macchina ben calibrata; nulla da dire.
Verso la
fine dell’ascolto, causa un leggero aumento della
glicemia.
Avanguardia nel complesso un pelino troppo nutriente,
per i nostri poveri palati anemici.
Ma son affari di poco conto,
la qualità complessiva è buona, anche se di grana
grossa.
Voto: 6
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