(Nephogram 2010)
Ramon Moro è un trombettista torinese piuttosto sui generis. Nato, come molti adepti dello strumento, in ambito jazz, Ramon ha poi esplorato, e continua a farlo, molti altri generi: dal rock all’improvvisazione, dall’elettronica al pop.
Dopo 15 anni di carriera, ecco il primo album da solista. Un disco che spinge la sua tromba nei territori foschi e ribollenti (mai “Magma” fu titolo più azzeccato) dell’avanguardia elettroacustica, a metà tra il cosmico e l’ambientale, grazie alla commistione dei fiati con l’elettronica analogica ed un amplificatore valvolare. Ne esce fuori, come dice Moro stesso nella presentazione del lavoro, “una colonna sonora per scenari cupi, scuri e inquietanti, ma anche richiami melodici che dipingono speranze, solitudini e drammi personali dell’uomo inerme nei confronti della natura”.
Il disco, piuttosto scarno vista anche l’esiguità della strumentazione, vibra in tutte le sue parti, tronfio di una tensione ma maestoso come un oscuro rituale ancestrale. Appassionato e vivo pur nelle sue parti più oscure, “Magma” è disco che si apprezza a pieno soltanto in cuffia, dove le pennellate di Moro sembrano fluttuare in un moto circolare che circuisce l’ascolto magneticamente.
Non di facile accesso e sicuramente rivolto a una ristretta nicchia, ma di grande forza ed originalità, contribuendo all’avvicinamento di uno strumento, la tromba, tradizionalmente lontano dalle sperimentazioni più ardite come questa.
Voto: 7
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