(Innova 2010)
Un Oratorio è, come spiegato nelle note di copertina dalla compositrice Kitty Brazelton, una sorta di Opera in cui però manca l’aspetto scenico, e il dramma, spesso di natura religiosa, è affidato a musica e parole. Brazelton definisce il suo oratorio ‘moderno’, per via del fatto che in esso si fa ampio ricorso alla tecnologia, in particolare all’uso di suoni campionati e manipolati, dilatati, sfasati, distorti. Vi sono però altri due sensi, forse più profondi, in cui il suo è davvero un Oratorio moderno. Dal punto di vista del testo, mi pare importante sottolineare che si tratta di frasi estrapolate dal Vecchio Testamento, alternate e talvolta scomposte (se non addirittura ri-tradotte) senza seguire un ordine narrativo, e accentuando dunque l’idea di a-temporalità che l’autrice vuole comunicare. Dal punto di vista della musica, Brazelton fa ricorso alle più svariate tecniche vocali, che richiamano talvolta l’improvvisazione jazz ma anche il raga indiano, e alterna abilmente passaggi ispirati alla polifonia rinascimentale ad altri vicini al rock psichedelico. Lo si potrebbe definire, per via dello sperimentalismo stilistico che tuttavia non offusca la profondità del messaggio, una moderna versione della celebre Mass di Leonard Bernstein, con meno luce rispetto a questa, e una prevalenza di tinte scure più vicine a un sentire contemporaneo, di cui la Brazelton si propone qui come una delle portavoci musicali più originali e interessanti.
Voto: 7
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