Quattro chiacchiere digitali con Walter e Anna della MacinaDischi
Di Marco Paolucci
01/11/2010 Nuova puntata di Quattro Chiacchiere Digitali, questa volta intavolate con una realtà appena nata della musica italiana, l’etichetta MacinaDischi di Padova, che ha esordito con due produzioni orientate ad una sapiente commistione di noise, rock’n’roll, psichedelia, con una cura peculiare nella produzione del formato audio (vedere le foto per credere). Ne parliamo con il simpaticissimo deus ex machina (moltiplicato per due) Walter e Anna.
1) Quali sono le origini dell’etichetta? Come è nata l’idea? Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
(nella foto: il 10” dello split Kelvin/Speedy Peones) Le origini e l’idea di MacinaDischi nascono dall’esigenza di produrre i dischi che noi stessi vorremmo comprare. L’intenzione è quella di fare dischi che abbiano un prezzo molto contenuto rispetto a quello che si trova davanti il fruitore dell’oggetto; questo perché, si, è bello potersi scaricare dalla rete un sacco di mp3, e avere la comodità di ascoltarli, ma noi alla musica abbiamo sempre associato anche l’artwork per apprezzare nella sua totalità la proposta del musicista. Questo secondo noi negli ultimi tempi viene a mancare. Vorremmo dare a chi viene in contatto con noi una strada: nel sito puoi trovare tutto quello che produciamo, ascoltarlo in streaming, puoi scaricartelo e se ti piace musicalmente quando avrai il disco in mano capirai ancora di più il valore che volevamo dargli. La speranza è quella che ci si accorga che dietro ad ogni produzione MacinaDischi c’è un lavoro meticoloso e passionale….che la gente si senta veramente di avere in mano “qualcosa”.
Non abbiamo un vero e proprio modello di etichetta che ci ha ispirato. Ogni cosa viene a suo tempo e adesso ci stiamo dedicando a questo progetto spontaneamente. Certamente conoscere Stefano della RobotRadioRecords ci ha dato degli ottimi input accelerandone il processo.
2) Come scegliete le produzioni?
3) Come scegliete i gruppi?
Siamo all’inizio e non sappiamo che intensità temporale passerà tra una produzione e l’altra, ma sappiamo però quanto intensamente vogliamo credere nelle nostre uscite. Per ora, quello che abbiamo fatto, l’abbiamo fatto sia autoproducendoci (Kelvin-Woolter), sia sostenendo persone che stimiamo molto dal punto di vista musicale (Lucertulas-Speedy Peones).
MacinaDischi non è orientata in una sola direzione musicale, ma vuole essere propositiva di musica interessante. Perciò niente regole e schemi fissi: quello che cerchiamo è un contatto con il gruppo che si possa sviluppare in una bella esperienza per entrambi.
4) Cosa pensate delle coproduzioni?
(nella foto: il vinile dei Lucertulas) A volte, per fare certi tipi di produzioni, il costo diventa qualcosa di molto “rischioso” per un’etichetta; nel senso che, con i margini con cui si ha a che fare, produrre interamente un disco, se poi ti rimane là, ti taglia un po’ le gambe per il futuro. Con le coproduzioni si riducono i rischi e si ha una capillarità di distribuzione maggiore.
Per quanto ci riguarda, l’unica nostra esperienza è stata con la RobotRadioRecords e la cosa sta andando molto bene perché riusciamo a confrontarci sommando idee, esperienze e punti di vista e questo fa crescere la cosa. Per noi le coproduzioni diventano un po’ ingestibili nel momento in cui entrano in campo troppe etichette, perché è difficile magari avere un’idea comune sul da farsi, sicuramente è più facile spendere meno risorse e stare a guardare, ma a noi piace vivere e seguire appieno (dalla registrazione al prodotto finale) il processo del disco e seguirne ogni suo aspetto. Diamo sempre molti punti in più alle registrazioni analogiche; di cui siamo innamorati per molti aspetti.
5) Con chi vorreste collaborare?
Ci sono molte realtà interessanti con cui ci piacerebbe fare qualcosa, noi comunque mettiamo assieme alla musica anche il fatto di avere un bel rapporto di amicizia con il gruppo. Come label sicuramente collaborare ancora con la RobotRadioRecords, e fare qualcosa insieme alla X-Mist, ci renderebbe immensamente felici.
6) Come vedete la scena musicale italiana?
7) Come vedete la scena live italiana?
Ci sembra di vivere in un momento di “ristagno”. La scena nazionale secondo noi è un pò carente di nuove leve e se esce qualcosa di nuovo, sembra molto più basato sulla tecnica di esecuzione che sul sentimento; cioè i gruppi che più ci piacciono sono composti da gente che suona da tanti anni (o comunque che gira da tanto tempo in ambito musicale), magari reinventandosi e rimettendosi in gioco ogni volta. Sembra che manchi un passaggio generazionale che probabilmente non c’è, visto l’ammasso di accozzaglia sonora buttata lì a caso nella rete ogni giorno. Gruppi, brani, che durano l’attimo in cui li ascolti, a noi sinceramente fanno solo confusione, devi scremare molto di più per trovare quello che è interessante e non.
Insomma, sembra un po’ un discorso da vecchi (e forse lo è) ma ci viene da dire che ora ci sono più possibilità tecniche, ma meno idee. Un altro problema che constatiamo in Veneto è che c’è molta gente che suona ma solo in pochi comprano dischi (e guarda caso sono quelli più avanti con gli anni…).
(nella foto: momento della lavorazione del 10” Kelvin/Speedy Peones) Un gruppo pensa di fare e vendere dischi…. ma se loro stessi non se li comprano come può funzionare? I conti così non tornano, poi se non c’è un ritorno a prendersi il tempo di ascoltare con attenzione il disco che hai di fronte, tutto sfugge via velocemente. Perciò pensiamo che il vinile sia il miglior mezzo per apprezzare il lavoro fatto dal musicista. Poi non sempre è facile a livello economico visto il costo del vinile supera il cd di bel po’, ma il pullulare di coproduzioni attuale nasce anche da questo bisogno, ripartire le spese.
Per quanto riguarda la scena italiana: noi non vediamo una scena vera e propria, almeno qui, vediamo gente che suona, che organizza, ecc.. ma non troviamo che tutto questo si possa ricondurre alla parola “scena”. L’ultima cosa degna di essere chiamata “scena” qui a Padova è stata nei primi anni 2000 con “halley nation”. Queste cose in genere ruotano sempre un pò attorno un’etichetta o a etichette associate da interessi comuni, o a posti, locali che creano un sentimento di appartenenza a “qualcosa”. Il Veneto non ha mai più saputo sfornare questo, ha un bel pò di gruppi interessanti ma la cosa non è collegata.
Per quanto riguarda la scena live, se parliamo dei posti in cui suonare, beh quelli ce ne sono sempre meno, ci sono problemi di permessi per organizzare festival estivi, problemi di volume per i locali chiusi che se non sono in mezzo a una zona industriale non ci si può suonare a un livello decente, e questo ti porta la tristezza del complesso industriale che non è il massimo per uno che va a vedersi il concerto e magari si trova in un capannone enorme con dentro una decina di persone.
Poi la gente si muove meno, si muove per i concerti dei gruppi maggiori e gli altri concerti restano ai pochi temerari che pure quelli si stancheranno, e se non si stancano loro tranquillo che il posto dopo un pò di concerti di scarso incasso cambia programmazione anche perché si vede arrivare più gente per il dj set che per il live. Tempo fa c’era un pò di abusivismo nel fare i concerti nella taverna o giardino di qualcuno o nella sala prove; queste cose sono un pò scomparse, vuoi per il ricambio che non c’è o per il vicino che chiama i carabinieri se solo vede una macchina che scarica strumenti…. un’altra cosa che almeno qui in Veneto è venuta quasi totalmente a mancare ai concerti è la presenza di distribuzioni di dischi, che è la chiusura del cerchio. Diciamo che in generale c’è live, ma ce n’è meno e con meno partecipazione.
8) Progetti futuri?
I progetti futuri per MacinaDischi restano sempre un segreto fino a pochissimo tempo prima dell’uscita, l’intento è di lavorare per molto tempo all’oscuro e poi infilare due uscite assieme alla volta. Di sicuro porteremo avanti la Aluminium Series stampando copertine di alluminio, e poi pensiamo sempre a strani formati che creino interesse. Noi fretta non ne abbiamo, vediamo di fare le cose come ci sembra debbano essere fatte fino in fondo. Diciamo che ci piacciono le sorprese e se non ce le fanno….vediamo di farle noi.