(Boring Machines 2011)
Nel 2008 tanto i greci Chapter 24 quanto il tedesco Philippe Petit festeggiavano i 25 anni di attività. Da qui l’idea del quartetto di Ioannina (all’estremo nord dello stato ellenico) di invitare il compositore teutonico (già socio in diversi progetti di gente del calibro di Faust, Lydia Lunch, Cosey Fanni Tutti e James Johnston) ad esibirsi con loro nel locale ateniese Bios. Tra le due entità scatta il giusto feeling e la registrazione di quella serata di improvvisazione elettroacustica, rielaborata e rimasterizzata, si è trasformata, due anni dopo, in questo “The Red Giant Meets The White Dwarf”.
Un lavoro oscuro, solfureo e cosmico, dalla forte componente cinematica, che sposa la psichedelica barrettiana (i greci prendono il loro nome dall’omonima canzone dei Pink Floyd, contenuta in “The Piper At The Gates Of Dawn”) all’ipotetica colonna sonora di un film horror/sci-fi o, come dicono gli artisti nella presentazione dell’album, “un kraut road movie”.
L’esordio è spaventoso. Sunstroke catapulta l’ascoltatore in un maelstrom funereo di movimenti al rallentatore disturbanti e allucinati dai quali si riemerge docilmente sulle note liquide e dilatate di Underwater Magma, la traccia più pinkfloydiana del lotto. La sua psichedelica ambientale scivola via sinuosa accompagnando il muoversi morbido di Phosphorescence. Tutto cambia in Treasure Hunt, dove un beat industriale si fa strada affiancando sibili sinistri che svaniscono nel torpore sfilacciato di Amnesia. Signals From a Dying Star è un’esplosione di terrore che ci catapulta ai confini della galassia con Border Zone. La doppietta finale Dust Mites–Ursa Minor si poggia su abbozzi melodici al piano che perdono di consistenza tra feedback roteanti e cadute violente in buchi neri senza fine.
Un viaggio nel buio eterno di un cosmo senza fine quello nel quale ci accompagnano i Chapter 24 e Philippe Petit. Evocativo e ricercato, un esperimento che speriamo non resti isolato.
Voto: 7
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