Di Elisa Girotti
Ero piuttosto convinta che solo una donna potesse capire a pieno la piccolezza dell’animo umano di fronte ad un nuovo taglio di capelli. Invece Arduino, docente e marito discretamente piatto e noioso nonché protagonista del libro, riconosce alla sua modesta capigliatura l’importanza che merita, un posto d’onore nella sua vita sociale, nella cronaca della sua vita famigliare. Il riporto, così demodé ed odiato dai più, diventa un legame che di volta in volta lo unisce o lo separa dalla sua famiglia e che diventa il simbolo stesso del suo essere. Coprire le calvizie è un modo per rivendicare un’orgogliosa appartenenza, un segno di riconoscimento ed una presa di posizione. A portare scompiglio in questa vita ed in questa capigliatura tanto faticosamente costruite, un episodio che spingerà Arduino fuori dagli schemi e lo costringerà a meditare sulle sue posizioni. L’isolamento ed un improbabile processione di personaggi lo porteranno infine a rivedere la piega presa dalla sua vita.
La storia è gradevole anche se stenta un po’ a prendere il volo, complici alcune descrizioni che scivolano nello scontato e dei piccoli monologhi che possono essere tranquillamente sforbiciati. Il protagonista che non cresce mai del tutto, l’introspezione che non affonda e un insieme di piccoli flussi di coscienza sconnessi, che non aggiungono nulla al profilo psicologico del nostro eroe, non aiutano di certo. Ottimo invece il parterre fenomenale di personaggi e descrizioni che, purtroppo per noi, risultano a volte un po’ mozzati. Un vero peccato perché spesso vorremmo saperne di più.
Link: Adrian Bravi ‘Il riporto’, Edizioni Nottetempo, 2011