(Autoprodotto 2010)
Attivi dal 1998, gli Ondamedia registrano nei primi anni di attività diversi demo autoprodotti che presentano dal vivo nei migliori club di Roma e dintorni, con buoni riscontri di critica e pubblico. Nel 2006 co-producono con la Udu Records il loro esordio discografico, “Niente è Come Sembra” ed a quattro anni di distanza da quell’episodio ritornano con un secondo lavoro che, nelle intenzioni, è un concept sulla perdita di sé stessi e la ricerca di una propria identità.
È una vagabondaggio anche musicale quello del quintetto romano, che passeggia tra psichedelia, progressive e aperture al rock più duro senza legarsi chiaramente a nessuno di questi stilemi musicali. Niente di particolarmente originale, a dir la verità, né a livello di tematiche trattate (e ben che meno nei testi, che sembrano bearsi di una certa cripticità più apparente che reale) né a livello strettamente musicale.
A provare a dare coesione al disco ci pensano intro ed epilogo ad inizio e fine album, due sospiri posti a colonne d’Ercole per entrare nel mondo addolorato e funereo degli Ondamedia. Il rock dilatato di Simbolo accattiva ma le parole sconclusionate del testo disorientato più che coinvolgere emotivamente. Uomini Senz’Alba sposa un hard-rock di stampo eighties piuttosto deboluccio per lanciare messaggi di malessere provenienti da una (presunta) zona d’ombra ai confini del male. Mentore, divisa in due parti a fare da intermezzi eterei, spezza il mood portandolo nei territori più lisergici e malinconici di contaminazione sintetica prog di Come Eravamo. Ricordi d’amore lontano e voglia di vivere campeggiano nella ballata melensa Un Giorno Perfetto, prima di affogare nella sveglia elettrica di Germi Che Splendono. Si rievocano i Massimo Volume nella recitazione oscura di Oltre La Siepe, decisamente il brano migliore del lotto, tra ossessioni opprimenti ed un testo finalmente di lirismo ammaliante. Un guizzo che presto si spegne nella monotona Verso Di Me e nella ballatona di fine corsa Capoverso.
Un album spento, confusionario a livello lirico e con pochi guizzi a livello di ricerca musicale. Non convince, poi, nemmeno la voce di Fabrizio Collacchi, troppo “ordinaria”. “Lungo Strade Senza Volto” vorrebbe raccontare di sentimenti profondi, evocare sensazioni che sfiorano le corde del cuore, ma non riesce nel suo intento, risultando, alla fine, quasi tronfio. Non è tutto da buttare, sia chiaro, ma nel complesso un lavoro che non ha motivo di lasciar traccia di sé.
Voto: 4
Link correlati:Ondamedia Official Site