(Valeot Records 2011)
Giungono al secondo album, i viennesi Tupolev.
Peter
Holy (piano), Alexandr Vatagin (basso e violoncello),
Lukas Scholler (elettronica) e David Schweighart
(batteria), coadiuvati in fase di mixaggio, dall’esperto Martin
Siewert, si producono in un discreto numero, suggestivo e
crepuscolare.
Lavoro conciso e stratificato, “Towers Of
Sparks” (ventotto minuti).
Una sottile amalgama di
malinconici umori, fra post e jazz (la gradevole asciuttezza della
batteria), slanci classicheggianti (il piano), propensione
cameristica (il violoncello di Vatagin, collaboratore dei genovesi
Port-Royal), sottili filamenti ambient (l’ottima elettronica
espressiva, tenuta a distanza in fase di mixaggio).
Composizioni
ariose, eleganti, con leggera propensione decadente.
L’esuberanza
e la frontalità di piano e batteria, neutralizzano (in parte),
le felici screpolature digitali, rendendo nel complesso leggermente
rigido l’approccio.
La durata compressa, attutisce le imperfezioni
e favorisce la fruizione.
Raffinati ed evocativi, ma non ancora
fiammeggianti.
Un tiepido deliquio dei sensi, un lento vagar per
stanze vuote, striate d’intensa luce.
Il trillo della sveglia ci
riconduce al presente.
All’osare giocoso del quotidiano.
Resta
un gradevole aroma, che appare; svanisce.
Voto: 6
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