(Lost sound records / Self distribuzione 2011)
Ci chiediamo spesso, noi che digeriamo album di gruppi più o meno conosciuti ogni dì, quanto possa esattamente servire a un gruppo un lungo periodo di gavetta. Opinioni a parte, sicuramente è vero che nella stragrande maggioranza dei casi, un periodo del genere aiuta ad affinare le tecniche e a rendere un prodotto più professionale, e così è effettivamente anche per i trentini KLL.
Il loro debutto, infatti, copre uno spettro di trashcore dai Machinehead agli ultimi Slayer in maniera indiscutibilmente seria e professionale, mettendo giù un piattino ben fatto e preciso. Andrea Pisoni strilla in maniera cattiva, le due chitarre si sposano bene (anche se si astengono da qualsiasi assolo, purtroppo) e Paolo Pisoni alla batteria ci è piaciuto. La produzione e il mixing a opera di Wahoomy Corvi, poi, è preciso, una perfetta via di mezzo tra potenza e pulizia.
Dopo qualche ascolto, però, la sensazione che lasciano i nostri è di riuscire egregiamente nel compito, ma di non avere su questo album alcun pezzo in grado di stupire. Per carità, non c’è niente neanche al di sotto della media, ma ‘Black covers white’ scivola in maniera tranquilla senza lasciar gran memoria di sè. Potrei dire che la title track l’ho gradita più di altre, e così anche Hidden Prison oppure Obscured Light, ma sono minime preferenze.
In ogni caso, l’album di debutto rappresenta per i KLL un passo importante che andava compiuto da parecchio; sicuramente possiamo dire che il gruppo ha i numeri per crescere e farsi notare. Attendiamo…
Voto: 6
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