She’s Mad on Dancing ‘Normale’


(Hot Steel Records / Andromeda distribuzioni 2011)

Qualcuno doveva avvertirmi prima, perché di fronte a un lavoro come “Normale” è brutto assai arrivare impreparati. Però a dirla tutta, non riesco a immaginarmi come avrebbero mai potuto prepararmi, non c’è proprio verso. Uno sta tranquillo a godersi un’estate lavorativa qualsiasi, infila un cd normale (minghia che ridere) dentro al lettore e… BUM. Ti cambia tutta la settimana.
Il trio romagnolo ci ha regalato una fetta di musica spettacolare, realizzata in gran parte partendo da mere improvvisazioni, così dimostrandosi in grado di reggere efficacemente qualsiasi tipo di ritmo. Sì ok, abbiamo capito che ti sei eccitato caro Gerli… ma che genere fanno questi? Eh, cari miei piccoli lettori, un po’ di pazienza, anche perché non vorremmo mica banalizzare il lavoro dei tre signori, no?
Quello riesce a farlo già benissimo il foglietto informativo che ci è pervenuto, ha il coraggio di parlare di “post rock”, ma francamente mi sembra un termine ridicolo, visto che il lavoro si piazza idealmente in un limbo indefinito tra sludge, noise, rock, sperimentazione e una bistecca al sangue tremendamente succolenta.
Io, però, ci sento pure la deriva indie tremendamente inventiva dei Jawbox, guidata da una chitarra che strilla riff clamorosamente incazzati presi in prestito da Steve Albini, come nell’attacco continuo e ripetuto su Il Tappezziere. La potenza sviluppata dai tre è una botta in testa tremenda, prodotta poi in maniera esemplare: ho letto che per le tecniche di registrazione hanno impiegato addirittura tre drum kit diversi, più una buona dose di attrezzi fatti in casa. E beh, si sente proprio che ne è valsa la pena.
In Io sono dio invece sembra di sentire una sbluesata come solo i migliori Melvins potrebbero tirar fuori. Cioè, questo non è un gruppo che sta tentando di farsi vedere timidamente, questi signori possono già tranquillamente rivaleggiare con le migliori proposte della scena musicale. Se non li vedrò, come minimo, a Roma a fare da spalla ai Melvins quest’anno, credo che morirò dentro.
Poche giuste liriche si ascoltano qui e lì, come la nerissima voce che fa capolino in Il co-pilota, n’altra mazzata d’inaudita potenza che ti sveglia come una tazzona della più potente pece infernale che vi siate mai bevuti. E vogliamo parlare del minuto finale? Da brivido. E poi ancora, sferzate tremende di blast beat nella Joyciana Leopold Bloom, manco fosse grindcore, che poi va a concludersi quasi perdendo la sintonia.
Se è vero che perfino il tono della chitarra ci ricorda l’Albini, è altrettanto vero che è una base da cui il gruppo imolese costruisce; non si limita a imitare scimmiescamente quanto fatto da altri, ma di fondere e unire le proprie influenze in maniera esemplare.
‘Normale’ sarebbe l’album che avrebbero dovuto realizzare i Torche negli ultimi due anni, se non fossero stati troppo impegnati a fare schifo, i Primus con King Buzzo alla seconda chitarra, gli Shellac desiderosi di sperimentare. Non posso arrivare a dire la classica frasetta di rito “disco dell’anno”, anche perché siamo all’inizio di agosto, però per me potrebbe pure chiudersi qui. Perché, qualcuno è in grado di fare di meglio?

Voto: 10

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