(Bulbartworks / (r)esisto distribuzione 2011)
Mi coglie piuttosto impreparato questo secondo album dei partenopei Starframes, che al di là di nome e titolo, non hanno proprio intenzione di farci rotolare in tenere coperte dream pop, ma piuttosto di seguire la traccia di certo pop psichedelico sixties filtrato attraverso una sensibilità più moderna, tipo chessò… gli Aerovons! (che so benissimo essere dei sessanta…).
L’iniziale Origin detta subito il tono dell’intero disco, perdendosi in un indefinito spazio riempito di psichedelia e voce filtrata; i nostri ci guidano attraverso passaggi aperti che pian piano conducono in It Moves Like The World Spins Around e la più muscolare Step Over, praticamente senza fermarsi mai.
In Cielo Drive sembra addirittura di tornare più indietro, quasi agli anni cinquanta, ci si immagina uno stereo in macchina che suona l’ultimo successo di Buddy Holly mentre due liceali si scambiano teneri sguardi. Davvero un pezzo molto carino. Così pure Dance On The Greenwich Meridian contiene certe svisate seventies che mi riportano alla mente quei disgraziati dei Blinker the Star.
Insomma, senza annoiarvi e finire ad analizzare ogni singola traccia, così togliendovi la sopresa, non ci sono momenti particolarmente noiosi nell’ultimo lavoro della band: i nostri dosano la tempistica e l’arrangiamento di ogni brano in maniera ottimale, restando sempre piacevoli e sorprendenti.
Bisogna dirlo, le buone idee degli Starframes sono davvero notevoli. All’ascoltatore ripiegato sulle banalità proposte dalla scena musicale italiana, e non, suoneranno come un’oasi in mezzo al deserto. Certo, sono ancora tenute un po’ a freno dalla relativa inesperienza della band (il loro primo album risale a neanche due anni fa), necessitando di maggiore spazio per respirare e stupire davvero. Comunque ‘Ethereal Underground’ rimane un album notevole, da godersi, in attesa di un seguito anche migliore.
Voto: 8
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