(Monotreme / Goodfellas 2011)
Potrebbe essere la volta buona per aggiustare il tiro, ma il nuovo lavoro degli svedesi Jeniferever non riesce ancora a centrare il bersaglio.
Le solite, raffinate strutture post rock disciolte in acquerelli à la Ride, abbondanza di sentimento e passione, e melodie dream pop fino alla saturazione. L’overdose è inevitabile: tracce troppo lunghe e indecise tra il cullare e il colpire (Waifs & strays, Deception pass), prolissità e noia pronte all’agguato. Si dice più del dovuto, si indugia in strati su strati di suono, code qui di chitarre troppo concentrate a tessere arpeggi, lì di infinite note di piano, e si finisce per rovinare pezzi che altrimenti sarebbero gioielli (A Drink to remember).
Poche le eccezioni, come Dover o la splendida The beat of our own blood, in cui la band di Uppsala si schiarisce le idee, taglia il superfluo e abbraccia lo shoegaze come mezzo e non come fine: e questa può essere una delle poche, possibili vie di fuga per una band che dimostra talento ma probabilmente è ormai troppo accartocciata su sé stessa.
Voto: 5
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Autore: alealeale82@yahoo.it