Dustin O’Halloran e Adam Wiltzie – ‘A Winged Victory For The Sullen’

(Erased Tapes 2011)

Evocare sensazioni, colori, odori, suoni, fondendo

Siamo nel 2001 quando il polistrumentista Dustin O’Halloran, dal ‘96 membro del duo Devics insieme a Sara Lov, lascia gli Stati Uniti e sceglie l’Italia per seguire la sua nuova passione: approfondire la conoscenza del pianoforte e della musica classica.
Galeotti furono il Bel Paese e gli Sparklehorse: è ad un loro concerto in Italia che O’Halloran conosce l’altra metà di questo progetto, Adam Wiltzie, ingegnere del suono (lavorerà per grandi nomi quali Flaming Lips e Mercury Rev) dal 1993 membro dei surreali Stars of the Lid, e compositore di musica “neo-ambient/drone” (o “bordone” come viene definita in Italia). Da questo incontro si sviluppa quel sodalizio artistico che dà vita ad una prima collaborazione nel disco Lumière dello stesso O’Halloran, per poi confluire in un progetto battezzato come A Winged Victory For The Sullen che debutta con questo disco omonimo.
I due intendono fondere con naturalezza i propri due universi distinti per crearne un terzo ‘altro’ unico: l’obiettivo è ambizioso e necessita dell’eccezionale apporto artistico di Hildur Gudnadottir, violoncello, e Peter Broderick, violino. Il risultato è una trama di suoni sognanti, evocativi di tutti e cinque i sensi.
Il pianoforte è vera e propria voce che intona melodie così orecchiabili da riuscire a canticchiarle: (We Played Some Open Chords and Rejoiced, For the Earth Had Circled the Sun Yet Another Year).
Noti tristi e compassate riescono a fare male quasi fossero aghi in Requiem for a Static King Part 1 , con cui i nostri omaggiano la memoria di Mark Linkous, cantante degli Sparklehorse– (‘Static King’ era il nome del suo studio di registrazione).
La musica ci piove addosso nei successivi due brani (Requiem for a Static King Part 2 e Minuet For A Cheap Piano): note ben staccate l’una dall’altra che, appunto, come gocce di pioggia, cadono qua e là a ritmo lento e definito, fino a formare, con la quinta traccia (Steep Hills of Vicodin Tears), rivoli di lacrime anestetizzanti che, lungo “ripide colline”, lavano via il grigio di un cielo incupito dal dolore ed aprono ad un seppur flebile chiarore.
Broderick e Gudnadottir fanno quindi sentire le loro voci nel coro corposo e deciso di violino e violoncello che vanno a riempire i silenzi disegnati finora dal ticchettìo cadenzato dei tasti del piano; è una sinfonia strabordante di pathos (è il sesto brano, A Symphony Patetique) con sonorità palesemente ‘drone’; sembra persino di sentire dei sitar indiani…e ci chiediamo se stiamo sognando!
Ma, come tutti i sogni, anche questo finisce all’improvviso (All Farewells Are Sudden): il violino ed il violoncello offrono il loro saluto finale ancora una volta sotto forma di lunghe note piene, con brevissimi ma improvvisi picchi di elevata potenza che ci sollevano in alto, per poi ritornare giù, in un sussurro delicato. O’Halloran e Wiltzie catturano su nastro la vera e propria pioggia così come il grido lontano di uccelli (sembrerebbe il grido di un’aquila, uccello simbolo della “Libertà” negli USA!); solo quasi alla fine di questa ultima traccia entra il pianoforte, cristallino, a dare anch’esso il suo dolce, sereno addio all’ascoltatore.

Le diverse sonorità di ‘Una Vittoria Alata per gli Imbronciati’ sono state catturate in spazi che assicurano particolari riverberi e risonanze (una chiesa vicino Grunewald; una villa del VII secolo vicino Ferrara). Il broncio è scomparso ed al suo posto ora si apre un timido sorriso.

Track list:
We Played Some Open Chords and Rejoiced, For the Earth Had Circled the Sun Yet Another Year
Requiem for the Static King Part One
Requiem for the Static King Part Two
Minuet for a Cheap Piano Number Two
Steep Hills of Vicodin Tears
A Symphony Pathetique
All Farewells Are Sudden

Voto: 7

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Autore: isolablu@hotmail.com