(Public Eyesore 2011)
A sentire i lavori precedenti di Philip Gayle, in gran parte improvvisazioni per chitarra acustica, quasi una sorta di Derek Bailey meno spigoloso, sembrerebbe un artista ‘normale’. E invece no, qualche rotella fuori posto deve averla, giacché siamo alla presenza di un’opera veramente peculiare ed estrema, una scheggia impazzita, un outlier deforme, non solo se rapportato alla discografia di Gayle, ma a buona parte della musica, sperimentale o meno che sia. ‘Improvised bodily functions’ avverte il sottotitolo dell’album, incutendo timore e destando preoccupazione ancora prima di inserire il cd nel lettore. I primi suoni che fuoriescono dall’impianto audio non rassicurano per niente, anzi alzano di molto il livello di allarme. Con una determinazione eroica, che spesso è prerogativa del folle o del genio, Gayle ha speso parte del tempo che va dal 2000 al 2008 a produrre, raccogliere e registrare varie manifestazioni acustiche, non sempre piacevoli, non sempre gentili e educate, del proprio corpo e del proprio corpo soltanto. Una moltitudine di sbuffi, rutti, singhiozzi, scorregge, soffocamenti, balbettii, sputi, gargarismi, e chi più ne ha più ne metta, tutti minuziosamente accostati, riassemblati, editati, sovrapposti per produrre una polifonia che scava nelle viscere del corpo umano. Una robetta da poco, al cui cospetto altri estremisti dell’utilizzo delle sonorità vocali tipo Mike Patton, Ami Yoshida, Maja Ratkje, sembrano abbastanza innocui. Emblematiche le immagini che accompagno il cd, teste umane ammassate e fuse tra di loro, bocche sgraziate e occhi spiritati, raccolti in una torre di Babele di pura carne. I risultati suscitano reazioni abbastanza variegate, si va dal disgusto, alla sorpresa, all’ilarità, allo stupore. Per fortuna il nostro non si prende troppo sul serio, cosa evidente nei titoli surreali e comici utilizzati; bi-curious marsupials underneath the panels for the wall of purgatory, il mio preferito, ed evita di appesantire ulteriormente un lavoro già poco digeribile, ma comunque non privo di spunti interessanti. Pajama Turtles è un Paperino isterico e divertente, con sottofondo di cupi cori microtonali. Naked Brunch ricorda parecchio le musiche di certa impro a base di strumenti a fiato, ad esempio Nmperign, se non fosse per il lamento strozzato della voce di Gayle. Il citato pezzo dei marsupiali è un mare di succhi e risucchi. Agnes Unknown è un raga da post indigestione eseguito negli attimi che procedono la morte per asfissia. Feral Basil Pesto una demenziale, insopportabile cantilena con grugniti, ululati, e pernacchie varie. Stone Shoes sono i Cosmos ubriachi e con l’elettronica in panne.
‘Babanço Total’, non propone musica, ma è un ‘Viaggio allucinante’ dalla bocca al buco del culo.
Per stomaci foderati con pesanti strati di carta vetrata.
Voto: 1
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