Matteo Muntoni ‘Nobody In K Space’

(Ticonzero 2011)

Liberamente ispirato dal “2001” di Kubrick,
“Nobody In K Space”, del contrabbassista e compositore
Matteo Muntoni, è opera efficace e non
prolissa.
Avvalendosi della collaborazione di Paolo Sanna
(percussioni e didjeridoo), Stefano Vacca (batteria e
percussioni), Valter Mascia (sax), Riccardo Pittau
(tromba), Giulio Muscas (voce) ed il coro Alterazioni,
Muntoni esibisce un ventaglio espressivo, che, fra scoordinazioni
jazz, accenni minimali, propensione elettroacustica, derive
cosmico/elettroniche e sottili infiltrazioni etniche, riesce
piuttosto agilmente ad evitar l’effetto didascalico/raccogliticcio,
che spesso affligge opere analoghe.
Nessun ammasso scomposto in
questo caso.
Quanto, piuttosto, un efficiente e ben amalgamato
sestetto virtuale, che predilige lavorar di evocativa sottrazione (di
particolar pregio, l’opera in fase di post produzione, di Alessandro
Olla
).
Una serie di suggestivi piani sequenza.
Buio,
profondo ed opprimente (il trittico iniziale Earth, incentrato
sull’approccio acustico, con particolare menzione per Versus).
Un
inquieto senso di beatitudine fluttuante (la sezione Moon,
opalescenti rifrazioni etnico/orientali, grondanti carnale
sensualità).
L’accensione improvvisa, di lisergiche e
severe scansioni (filamenti jazz e sensibilità rituale, non
distante dalla cellula Tasaday).
La malinconia dilagante di
Beyond Infinity, l’abrasione sconnessa, elettrico/ascensionale
di Hal 9000, la crepitante a gravità zero, Jupiter
Mission
, la prepotente, conclusiva dissolvenza,
Starchild.
Perdersi, non è poi tanto male.
Il Dr.
Bowman
annuisce.
Ben fatto.

Voto: 7

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