Dylan Mattingly ‘Stream of Stars’

(Innova 2012)

Sovente si usa, e se ne abusa, l’etichetta di neo-romantico per qualsivoglia compositore che mostri un certo interesse per il recupero di armonie tonali, forme classiche e strutture unificanti. Ce ne sono a bizzeffe: diffido dunque di una tale etichetta. Ma credo che la si possa a ragione applicare alla musica di Dylan Mattingly, per motivi diversi da quelli appena indicati. Ciò che emerge come tratto principale della musica di questo giovanissimo compositore americano (è un classe 1991!) è il senso di fluire ininterrotto, di uno scorrere verso lidi inesplorati; l’impressione di essere guidati (noi, e prima ancora lui) da un lunga catena di sensazioni, pensieri, immagini, che si associano per ragioni misteriose. Quel “long train of related ideas” che per Alison, filosofo britannico settecentesco, da molti additato come uno degli iniziatori del romanticismo, era il cardine del piacere estetico. Ma ciò che altrettanto colpisce è il fatto che questo flusso lo si percepisca chiaramente dopo pochi istanti di ascolto, come se il significato globale si rivelasse in nuce in ogni sequenza melodico-ritmica. Il tutto è in ogni parte, l’universale si manifesta nel particolare, diceva il filosofo tedesco romantico Schelling… Forse il senso di tutto ciò è che ciò che conta, per Mattingly, è il viaggiare, il compiere un percorso, musicale e di vita, più che il trovare punti stabili ove dimorare. E in questo percorso egli raccoglie e rielabora reiterazioni minimaliste (si vedano l’inizio rileyano, estatico, del primo lungo brano, o le trascinanti rincorse di adamsiana memoria nel corso dello stesso pezzo), echi di jazz e folk, reminiscenze classiche, dissonanze armoniche e sognanti passaggi melodici: frutto di un atteggiamento onnivoro, tipicamente post(romantico).

Voto: 8

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