(Eh? 2011)
Bel tipetto prolifico, l’americano Roger H Smith
(Chefkirk).
Maggiormente agitato, in precedenti occasioni,
con “We Must Leave The Warren” ci rilassa (quasi
piacevolmente), lungo cinquanta minuti di produzione casalinga, per
no-input mixing board (con l’aggiunta di un sampler, in un paio di
episodi).
Largo dunque, a frequenti scricchiolamenti di segnale
(soprattutto nel primo movimento), che inducono ad attenzione estrema
(preservar l’impianto audio, è un bene…), per poi, tutto
sommato, acquietarsi in un reticolato di statici ronzii, drones
inquietanti, scartavetramenti d’alluminio in lontananza e sub
subbissimi.
Che, ad un ascolto a volume elevato, non squarcian
nessun velo, ma offrono minimali, tremolanti percezioni alterate,
invero niente male (l’ultimo, opprimente episodio).
Se ne esce
saturi, con le pareti interne rimbiancate di fresco, e nessuna voglia
d’altro, almeno per qualche ora.
Barcollando nel silenzio, si
aprirà il frigo, rimanendo immersi nella sua fioca luce.
Un
minuto, un altro ancora.
Polvere in sospensione.
E qualche dado
per il brodo, ad osservarci dallo scomparto sportello.
Voto: 6
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