In Zaire

Quattro Chiacchiere Digitali con gli In Zaire

 

 

 

 

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

23/10/2012: Gli In Zaire sono un collettivo di musicisti italiani dediti al recupero di sonorità anni ’60, alla ricerca psichedelica più selvaggia, e a dare ragione a Simon Reynolds riguardo alla sua teoria della “Retromania” in musica. Provenienti da varie formazioni, chi, come leggerete nell’intervista anima e cuore dei G. I. Joe, formazione  questa che abbracciava compulsivamente post-rock e tribalità, chi negli ¾ had been eliminated, collettivo di raffinata matrice improvvisativa, per una strana alchimia che a volte – in questo caso possiamo dire per fortuna – riesce nel rock,  si sono uniti, prima i suddetti, poi hanno preso in carreggiata anche Stefano Pilia, straordinario chitarrista attualmente prestante il suo incredibile servizio nei riformati Massimo Volume, per dare vita ai loro sogni sonori più reconditi. A questo punto non potevano mancare in Kathodik e come di routine sono stati contattati per le buone, vecchie, classiche Quattro Chiacchiere Digitali. A voi le risposte curate da Claudio Rocchetti e Riccardo Biondetti:

1) Come vi è venuta l’idea di unire le vostre esperienze derivate dalle vostre precedenti formazioni (G. I. Joe e ¾ had been eliminated?) e formare una nuova band?
C: E’ accaduto tutto durante un mini tour in Austria, erano delle date come G.I. Joe più Claudio Rocchetti. Solitamente iniziavo io e, sul finire del mio set, lanciavo il primo pezzo di G.I. Joe. La cosa dopo un paio di date si è espansa e si può dire che In Zaire è nato a Vienna, durante un live al Fluc. Credo che sia stata una cosa naturale, ci si conosceva già musicalmente (con alle spalle un tour e altre date condivise), e soprattutto eravamo già amici… Poco dopo è entrato in formazione Stefano, anche questo passaggio è stato naturale, un fatto di stima e amicizia innanzitutto. Credo che tutto questo si rispecchi nei nostri concerti, che sono innanzitutto fatti di energia e coesione.

R: Per quanto mi riguarda il progetto è nato anche dall’ esigenza mia e di Alessandro (entrambi G. I. Joe) di improvvisare in un contesto live. Dopo l’esperienza dei G. I. Joe in cui il calcolo e la matematica facevano da padrone, ci siamo avvicinati come ascolto e pratica a territori più free e si può dire che In Zaire ne sia il risultato. Suonare con Claudio e Stefano è stato un passaggio naturale, entrambi sono dei musicisti che stimiamo oltre che degli amici.

2) Quali sono state le vostre influenze in questo nuovo progetto?
C: Non saprei dirti esattamente… In Zaire è il prodotto di un confronto aperto e costante, le influenze sono molteplici e si perdono mescolandosi continuamente. Ognuno porta la sua esperienza e il suo background, che tra noi è piuttosto differente. E in più si sommano tutti gli input che raccogliamo grazie ai nostri altri progetti o durante i tour insieme… Se ci si mette ad analizzare il tutto appare complesso e stratificato, ma in realtà credo che la freschezza d’approccio e la voglia di mettersi in gioco sia il fattore determinante.

3) Come create i vostri brani? Come combinate le vostre diverse esperienze?
C: Tutto o quasi nasce dall’improvvisazione durante i live. Non abbiamo mai fatto una prova vera e propria… Siamo nati durante un concerto e continuiamo a sviluppare il gruppo sul palco. Nel disco nuovo ci saranno anche dei pezzi più strutturati e simili a “canzoni”, ma anche queste nuove direzioni le abbiamo intraprese suonando e cercando poi di sviluppare le idee migliori nate dalle improvvisazioni.

4) Cosa pensate della citazione di Simon Reyolds sul suo blog? Vi sentite “retromaniaci”?
C: Mi fa molto piacere, anche se a dire il vero non ho letto il libro e Reynolds lo conosco solo di seconda mano. In ogni caso è bello constatare che ogni tanto si incontrano ancora persone curiose che hanno voglia di aprire le orecchie e cercare suoni insoliti.

R: Nemmeno io ho letto il libro di Reynolds e non sono familiare al suo concetto di retromania, ma se vedi la mia collezione di dischi si può dire di sì. Più che retromaniaco mi sento vicino ai Saint Vitus quando cantano “Born too late” http://www.youtube.com/watch?v=_V0QtrUatLs

5) Con chi vorreste collaborare?
C: Troppi nomi per buttarne lì solo un paio… diciamo solo che mi piacerebbe avere più spesso ospiti durante i live. Continuare in un certo modo a tenere aperta la formazione, farci deviare da musicisti lontani dalle nostre solite spiagge.


7) Come vedete la scena live italiana?
C: Vivendo in Germania non sono aggiornatissimo, ma mi pare viva e vegeta. Ci sono parecchi gruppi che mi piacciono… in particolare direi La Piramide di Sangue, Dracula Lewis, Havah… almeno nell’ultimo mese loro sono quelli che ascolto più spesso. Mi piacerebbe piuttosto che la “scena italiana” sparisse sciogliendosi e spargendosi in giro per l’Europa e chissà dove, che si finisse di parlare di provenienze (anche se legittime e biografiche). Bisogna abbandonare timidezze ed esporsi.

R: Musicalmente parlando sicuramente più attiva ultimamente… ci sono molti gruppi interessanti (Cannibal Movie, La Piramide di Sangue, Orfanado, Jooklo Duo solo per citarne qualcuno) o la scena musicale di Roma Est (Borgata Boredom). In Italia nemmeno io ci vivo più, però ci torno spesso in tour… purtroppo la situazione dei concerti, se paragonata al resto dell’Europa, è lenta, disinteressata e molto poco professionale.

9) Progetti futuri?
C: Tra pochi mesi uscirà il nostro primo vero e proprio Lp (dopo tre 12” tra single sided e split con gli Skull Defekts). Sicuramente andremo ancora in tour in Europa e Italia per supportare il disco.
Prima del tour vero e proprio abbiamo in programma qualche festival (vedi Romaeuropa il 17 novembre a Roma), poi per il 2013 mi piacerebbe uscire dal continente… vedremo!

R: suonare suonare suonare!

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